Ci sarebbe molto da dire sui modi, i tempi e le ragioni che hanno prodotto l’ennesimo pasticcio su questioni, come gli organismi di rappresentanza del mondo della scuola, che meriterebbero di essere trattati con ben altro rispetto, ben altra attenzione e ben altra serietà.
Ieri il Miur ha partorito con fretta (che è cosa diversa dalla rapidità) un’ordinanza con cui definisce le procedure di elezione del Consiglio Superiore della P.I., e lo ha fatto con modalità che evocano l’antico adagio veneto per cui la toppa diventa peggio del buco che dovrebbe riparare.
Nel giro di nemmeno un mese, la scuola italiana è chiamata alle urne per eleggere i suoi rappresentanti nel massimo organo collegiale: peccato che nel frattempo siano fermi al palo quelli che dovrebbero dare vita e senso a una complessiva rete di governance partecipata, che parta dalle scuole per giungere ai livelli locali, regionali e, in ultima istanza, al livello nazionale.
Sappiamo bene che i tempi stretti sono imposti da un pronunciamento del Consiglio di Stato giunto a conclusione di un contenzioso innescato dalla pigrizia e dalla negligenza di precedenti amministrazioni, mentre sulla governance è finora mancato un necessario approdo legislativo, nonostante un disegno di legge ampiamente condiviso ma caduto insieme alla legislatura che non ebbe il tempo e la capacità di portarlo a termine.
Tuttavia ci si aspetterebbe, in provvedimenti di questa portata, e proprio per la ristrettezza dei tempi con cui si è costretti a fare i conti, una cura ancor più attenta e scrupolosa. Difficile trovarne traccia nell’ordinanza n. 7 del 9 marzo, rispetto alla quale ci limitiamo a porre due domande.
La prima: chi sarebbero i docenti “titolari di reggenza” di cui si dice che avranno titolo a partecipare al voto? Si tratta di un profilo di cui francamente non abbiamo né conoscenza, né memoria.
La seconda: come si può, per la presentazione di liste che si confrontano nell’ambito di un unico collegio nazionale, richiedere come requisito sufficiente la sottoscrizione di 10 (dieci) elettori? Si ha idea di che cosa ciò potrebbe comportare?
Viene da chiedersi se tutto ciò sia dovuto a un momento di temporanea distrazione, o se non nasconda la deliberata intenzione di esporre al rischio di ingestibilità una procedura elettorale per la quale potrebbero trovarsi a concorrere decine di migliaia di liste.
Insomma: tra vuoti legislativi, inadempienze amministrative, un pizzico di strumentalità dei ricorsi, una maldestra gestione degli atti amministrativi non è che il quadro complessivo sia tale da generare, nei confronti del nostro ordinamento istituzionale, il massimo dell’ammirazione e del rispetto. È troppo chiedere a tutti di farsi, ciascuno per la parte che gli compete, un piccolo esame di coscienza?
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