Categorie: Politica scolastica

Scrima: lo strano caso delle “occupazioni assistite”

Ai giovani si deve, parafrasando Giovenale, il massimo rispetto. Meritano di essere presi sul serio, se non altro perché serissima è la realtà con cui dovranno confrontarsi proprio quando lasceranno la scuola; quando la parola “occupazione” assumerà per loro una ben differente sfumatura di significato. Essere presi sul serio è cosa diversa dal sentirsi dare ragione sempre e comunque: significa incontrare attenzione e ascolto veri.

Rispetto all’occupazione delle scuole, passare dalla repressione agli ammiccamenti paternalistici non è un bel passo avanti. Tanto meno se lo fa chi ricopre importanti ruoli istituzionali. E non va nemmeno bene la paziente sopportazione in attesa che il rito si compia, nel breve lasso di tempo che ne fa una ricorrenza stagionale più o meno simpatica o fastidiosa, a seconda dei punti di vista. Si tratta in ogni caso (repressione, ammiccamento, rassegnazione) di atteggiamenti sbagliati.

Proviamo allora a intrecciare con i giovani un dialogo che si fondi, più che su un discutibile “diritto” a occupare le scuole, sul loro sacrosanto diritto di essere al centro della scuola ogni giorno: di avere una scuola che li accoglie, che li istruisce, che li forma, che li orienta. Che davvero li promuove, conducendoli a scoprire e far fruttare i propri talenti. Una scuola in cui ciascuno sia chiamato a esercitare responsabilmente il suo ruolo, quale che sia (studente, insegnante, dirigente,..), che contempla per tutti precisi diritti e precisi doveri.

Chi svolge incarichi di governo, si preoccupi di mettere le scuole in condizione di non essere mai il luogo dell’apatia e della noia, a cui reagire con occupazioni che a dire il vero sarebbero ancor più noiose della scuola se incanalate negli argini di un’improbabile e stucchevole “creatività assistita”.

Chi fa sindacato, infine, si apra all’attenzione e all’ascolto di un mondo che va assunto come orizzonte a cui tenere rivolto lo sguardo in ogni incombenza della quotidianità. Lì è il futuro della nostra società, che vogliamo sia un futuro di crescita. Guai se dessimo l’impressione di saper offrire agli studenti soltanto qualche maglietta da indossare per le nostre manifestazioni: da grandi, giustamente non ce lo perdonerebbero.

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