Dopo l’ennesima fumata nera sui provvedimenti per la scuola, si può vedere quali frutti sta dando la presunzione del governo di fare tutto da solo: il nulla più totale. Incapace di trovare soluzioni ai problemi, il tanto sbandierato decisionismo sta solo causando un pericoloso allungamento dei tempi su questioni che, affrontate nel modo giusto, potevano essere già risolte da tempo. Invece da settembre è stato solo un susseguirsi di annunci, slogan, consultazioni ad alto tasso coreografico ma povere di sostanza; e mentre si alimentavano a dismisura le attese di soluzioni sul versante del precariato, si è continuato a eludere i problemi su cui chiedevamo di porre la dovuta attenzione.
Tanto per fare qualche esempio: la promessa di mettere in ruolo tutti i precari iscritti alle GAE è oggi sonoramente smentita se, come sembra, si pensa di assumere quelli necessari per coprire i posti “vacanti e disponibili” (cioè quanto già prevede l’attuale normativa). Per tutti gli altri, graduatoria soppressa e una quota riservata di accesso al prossimo concorso ordinario. Non era un po’ diversa la promessa? Nel frattempo, nessuna risposta alle decine di migliaia di docenti che da anni lavorano nella scuola, pur non essendo nelle GAE, salvo l’accenno a qualche indennizzo nel tentativo di tacitare un contenzioso che vedrebbe soccombente l’Amministrazione. Piuttosto che scegliere la via sensata e giusta di un confronto con le parti sociali, nel quale mettere a fuoco i problemi reali e costruire soluzioni percorribili, si è preferito perdersi in una girandola di numeri che rischiano di risultare, alla fine, molto lontani da quelli di partenza. Peccato che non si tratti di numeri, ma di persone, sui cui diritti e sulle cui attese non bisognerebbe mai permettersi di giocare. Resta intanto il silenzio più totale sui precari dell’area Ata. Come se non esistessero.
La prova lampante che si sta puntando a un cambiamento a costo zero ce la dà la proposta sulle carriere dei docenti: anziché scegliere la via di un rinnovo contrattuale nel quale, investendo le necessarie risorse, affrontare e risolvere il tema della valorizzazione professionale (sulla scia di quanto già prevede il contratto vigente), si è preferito inventare una stravagante “progressione per merito” nella quale l’unico elemento chiaramente comprensibile è che i presunti vantaggi destinati ai meritevoli saranno pagati dal generale abbassamento delle retribuzioni di tutti, grazie al drastico taglio delle progressioni per anzianità, l’unico fattore che ha consentito finora di difendere faticosamente i salari delle categoria, notoriamente tra i più bassi d’Europa. È a dir poco inaudito che tocchi al personale, riducendosi lo stipendio, finanziare il non solo costo della cosiddetta “premialità”, ma anche quello delle nuove figure previste come supporto all’autonomia e alla governance delle scuole.
Non c’è da stupirsi, ad ogni modo, se l’ipotesi di attuare la Buona Scuola per decreto è venuta meno: non occorreva essere uno scienziato del diritto per capire quanto fosse arduo riconoscere la sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza per un provvedimento omnibus, infarcito oltre misura di questioni che prefigurano vere e proprie modifiche di ordinamento.
Le misure sulle quali l’urgenza è davvero reale e pressante sono quelle che riguardano la stabilizzazione di tutte le persone che già oggi lavorano, precariamente, sui posti che servono alla scuola ogni giorno per il suo regolare funzionamento.
Su tutte le altre questioni, così delicate e complesse, non serve un protagonismo sfrenato, serve una capacità di confronto che assicuri ai progetti il supporto indispensabile di una forte condivisione. Ecco perché la via di affidare le misure a un disegno di legge può essere letta come opportuno recupero di buon senso. Ancor più lo sarebbe se vedesse, in parallelo, la ripresa di buone pratiche di dialogo sociale. Siamo convinti che ne trarrebbe vantaggio sia la qualità delle soluzioni che la rapidità dei tempi con cui metterle in atto, scegliere la via di un rinnovo contrattuale nel quale, investendo le necessarie risorse, affrontare e risolvere il tema della valorizzazione professionale (sulla scia di quanto già prevede il contratto vigente), si è preferito inventare una stravagante “progressione per merito” nella quale l’unico elemento chiaramente comprensibile è che i presunti vantaggi destinati ai meritevoli saranno pagati dal generale abbassamento delle retribuzioni di tutti, grazie al drastico taglio delle progressioni per anzianità, l’unico fattore che ha consentito finora di difendere faticosamente i salari delle categoria, notoriamente tra i più bassi d’Europa. È a dir poco inaudito che tocchi al personale, riducendosi lo stipendio, finanziare il non solo costo della cosiddetta “premialità”, ma anche quello delle nuove figure previste come supporto all’autonomia e alla governance delle scuole.
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