Dopo l’incidente del sussidiario che faceva confusione tra “rifugiati” e “clandestini”, La Repubblica ha cercato di capire “come nascono i sussidiari? Chi sono gli artefici di testi?”
Secondo il quotidiano sono 1013 i sussidiari tra cui gli insegnanti hanno scelto per l’anno scolastico in corso, mentre gli artefici “sono per lo più docenti in pensione o giovani maestri impegnati, o anche presidi, pedagogisti, psicologi, esperti di didattica: tutti, o quasi, con una solida esperienza nel mondo della scuola. L’età può variare dai 40 ai 65 anni”.
Esternalizzate le redazioni, in pratica i redattori “non sono dipendenti della casa editrice ma lavorano in proprio per i diversi marchi editoriali, ma i “signori dei sussidiari sono prevalentemente Mondadori & Rizzoli, Giunti, Pearson, insomma i colossi dell’editoria, insieme a sigle minori”.
In ogni caso, precisa Repubblica, “il lavoro dei “sussidiaristi” non è affatto semplice anche perché i libri di testo «sono oggetti sempre più complessi, che affiancano al lavoro sulle conoscenze — il profilo storico e geografico, scientifico e matematico — quello sulle competenze, con una crescente attenzione all’inclusione». Anche l’innovazione didattica costringe gli autori a un continuo aggiornamento: uno dei più recenti riguarda l’inserimento del coding e del pensiero computazionale nello studio della matematica alle elementari”.
«I sussidiari di oggi non sono certo peggiori di quelli di sessant’anni fa», sottolinea Vertecchi a Repubblica. «Mi ricordo la fortuna editoriale di certi sciocchezzai che collezionavano le scempiaggini dei manuali». La differenza, conclude lo studioso, è che oggi il sussidiario è l’unico oggetto culturale sopravvissuto nelle scuole. «Se sopprimiamo anche quello, resta ben poco».
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