Nel dibattito in corso da tempo sulla scrittura tradizionale mano e quella su dispositivi, si inserisce la recente pubblicazione di uno studio condotto da Audrey van der Meer, presso l’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, a Trondheim, pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology (https://www.frontiersin.org/journals/psychology/articles/10.3389/fpsyg.2023.1219945/full) che sostiene che scrivere a mano ‘accende’ il cervello e favorisce la memorizzazione delle nozioni.
Il team di ricerca del Laboratorio di Neuroscienze dello Sviluppo, Dipartimento di Psicologia dell’Ateneo norvegese ha voluto condurre l’indagine per indagare le implicazioni per il cervello umano, che derivano da un progressivo abbandono della scrittura tradizionale, man mano sostituita dall’uso di tastiere sui dispositivi digitali.
Quando si scrive a mano, la connettività cerebrale, ovvero le connessioni temporanee tra diverse aree neurali durante l’azione della scrittura, è molto più elaborata rispetto alla scrittura al computer – spiega van der Meer. È proprio questa ampia connettività cerebrale ad essere cruciale per la formazione della memoria e per l’incorporazione di nuove informazioni e, di conseguenza, a diventare vantaggiosa per il processo di apprendimento. La ricerca ha coinvolto 36 studenti universitari che sono stati ripetutamente sollecitati a scrivere in corsivo o a digitare un testo. Gli Elettroencefalogrammi EEG usati misuravano l’attività elettrica del cervello mediante 256 piccoli sensori cuciti su una specie di cuffia per la testa. Il primo risultato colto dalla ricerca norvegese è che la connettività tra diverse regioni cerebrali aumentava quando i partecipanti scrivevano a mano, ma non quando digitavano.
È il movimento delle dita durante la formazione delle lettere, spiegano i ricercatori norvegesi, che favorisce la connettività cerebrale, che si scriva in corsivo o stampatello. Il semplice digitare invece sembra essere notevolmente meno stimolante per il cervello. Per esempio, i bambini che hanno imparato a scrivere e leggere su un tablet possono avere difficoltà a differenziare tra lettere speculari, come ‘b’ e ‘d’, poiché non avendo utilizzato il movimento corporeo, quello delle dita, non hanno sentito cosa si prova a produrre quelle lettere.
Sembra allora che, secondo i dati rilevati dal gruppo di ricerca norvegese, il modello spazio-temporale dalle informazioni visive e propriocettive ottenute attraverso i movimenti della mano controllati con precisione quando si utilizza una penna, contribuisce ampiamente ai modelli di connettività del cervello che promuovono l’apprendimento. La scrittura a mano, infatti, richiede un controllo motorio fine sulle dita e costringe gli studenti a prestare attenzione a ciò che stanno facendo. La digitazione, invece, richiede movimenti meccanici e ripetitivi che scambiano la consapevolezza con la velocità, poiché è necessaria solo una semplice pressione di un tasto per produrre l’intera forma desiderata.
L’invito dell’Università di Trondheim è quello di esporre i bambini, fin dalla tenera età, ad attività di scrittura a mano a scuola per stabilire i modelli di connettività neuronale che forniscono al cervello le condizioni ottimali per l’apprendimento, senza trascurare l’importanza di restare aggiornati con l’evoluzione tecnologica. Scrivere a mano, per esempio, prendendo appunti o un saggio, e fare un confronto con la scrittura digitale potrebbe essere utile, soprattutto per gli apprendenti più grandi, per fare confronti sui risultati ottenuti.
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