La nota del Ministero dell’Istruzione (che dà il via libera alla bocciatura, come ha riferito il direttore Alessandro Giuliani) ha chiarito cosa dovranno fare i docenti in fatto di valutazione degli alunni nelle classi intermedie del primo e del secondo ciclo di istruzione.
Come abbiamo riportato in articoli precedenti, la nota riafferma che “la valutazione degli apprendimenti e delle attività svolte in modalità a distanza produce gli stessi effetti delle attività didattiche svolte in presenza”; pertanto – chiarisce anche il nostro esperto, il Dirigente Scolastico Salvatore Impellizzeri – i consigli riuniti in seduta di scrutinio per la valutazione finale “dovranno tenere in debito conto le difficoltà incontrate dagli alunni e dagli studenti a causa della pandemia”.
Sul tema della valutazione si è espressa, in un comunicato, anche la sigla sindacale Flc Cgil, invocando l’apertura di una nuova stagione di dibattito pedagogico e didattico che riguardi la cultura valutativa in tutti i gradi di scuola, perché valutare non sia considerata una attività separata, ma strettamente legata alla programmazione delle attività in vista dell’abbattimento delle diseguaglianze.
La difficile condizione vissuta dagli studenti nella emergenza pandemica che stiamo attraversando, le povertà educative, già preesistenti che attraversano il nostro paese, rendono necessarie risposte nuove per il sistema di istruzione, risposte ordinamentali, orientate alla crescita e alla promozione degli studenti, che modifichino una impostazione valutativa troppo spesso ridotta alla certificazione delle condizioni socio-familiari di partenza. In quest’ottica è necessario rivedere anche finalità e applicazione delle misurazioni realizzate con i test Invalsi, oltre all’impostazione certificatoria proveniente da una cultura neoliberista e dai residui prodotti della legge 107/2015.
Insomma, il sindacato rappresentato da Francesco Sinopoli teme che la valutazione possa limitarsi essere una forma di certificazione delle condizioni socio-culturali di partenza, di fatto una certificazione e formalizzazione delle disuguaglianze. Il tema, peraltro, è anche strettamente legato a quello del curriculum dello studente, che da più parti viene tacciato di essere uno strumento vantaggio delle famiglie più abbienti, in grado di sostenere l’elevato costo economico di esperienze di studio all’estero o di certificazioni di vario genere.
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