Nella scuola secondaria la normativa obbliga il Consiglio di Classe a non ammettere un alunno allo scrutinio, quindi ad essere esaminato per l’ammissione all’anno successivo, qualora abbia superato il tetto di assenze consentito, pari al 25% delle ore di lezione svolte nell’anno.
Prima di provvedere alla non ammissione, tuttavia, va verificato se l’alunno, tramite la famiglia, ha prodotto certificazioni mediche o motivazioni di vario genere (definite nel regolamento d’istituto) che deroghino a tale limite, come ad esempio lo svolgimento di gare sportive riconosciute delle federazioni. Inoltre, la scuola nel corso dell’anno scolastico è tenuta a comunicare alla famiglia dell’alunno che sta producendo un alto numero di assenze la percentuale raggiunta e i rischi che comporta.
Quando queste condizioni non sono attuate – ovvero non si considerano le certificazioni presentate e non si comunica alla famiglia l’alto numero di assenze che il ragazzo sta realizzando – la non ammissione potrebbe essere contestata. E anche ribaltata, qualora le valutazioni dell’alunno fossero tali da meritare l’ammissione all’anno successivo.
Così è andata ad un ragazzino di Gallipoli, in Puglia, inizialmente non ammesso per le troppe assenze ma successivamente “riabilitato” dal Tar di Lecce: questo, infatti, ha prima disposto. lo scorso anno la sospensiva della decisione, ed ora confermato con sentenza che si era trattato di un provvedimento “troppo severo”, condanna l’istituto scolastico e il Miur a pagare le spese legali (4 mila euro) sostenute dalla famiglia del giovane.
L’alunno, al termine della seconda media, era stato assente per ben 335 ore di assenza, pari a quasi due mesi, superando il limite previsto dalla legge. Appresa la notizia, i genitori hanno presentato ricorso: il legale, scrive l’Ansa, aveva evidenziato non solo come il rendimento scolastico del ragazzino fosse superiore alla sufficienza ma soprattutto come le assenze maturate fossero frutto di problemi legati ad una patologia intestinale oltre che alla difficile separazione in corso dei genitori, con la madre residente a Gallipoli e il padre a Roma, e di come l’istituto scolastico non avesse mai provveduto ad allertare la famiglia delle assenza che il ragazzino stava maturando.
Motivazioni che hanno portato i giudici amministrativi a concedere così lo scorso anno la sospensiva permettendogli di frequentare quest’anno la terza media, fino ad arrivare alla recente sentenza secondo cui “in presenza di tali elementi l’ipotesi di una bocciatura andava valutata con particolare attenzione e avrebbe necessitato di una motivazione rafforzata, anche alla luce delle possibili azioni che la scuola avrebbe potuto porre in essere nel caso specifico oltre a quelle consuete (ad esempio mediante comunicazioni alla famiglia o la convocazione dei genitori al fine di rendere noti i rischi di una non ammissione), nell’ambito di un rapporto improntato a reciproca e fattiva collaborazione”.
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