Dopo i venti sessantottini della contestazione giovanile, che hanno demagogicamente spazzato dalle aule scolastiche ogni pur larvata forma di selezione, negli anni Ottanta e Novanta nella scuola rigidi venti di tramontana si sono alternati, e incrociati, al soffio di leggere brezze primaverili, facendo oscillare i docenti valutatori, come un pendolo impazzito.
Alla fine degli anni Sessanta e negli anni Settanta, infatti, si è gridato alla selezione come ad uno “scandalo” e sotto la rivendicazione del diritto allo studio sono usciti ogni anno dalle scuole (e dalle Università) masse di studenti che avevano acquisito forse più familiarità con gli slogan allora in voga che con Cicerone o con Tacito; gli anni Ottanta e Novanta hanno visto periodi di rigore, all’insegna di una scuola competitiva con le richieste sempre più forti del mercato del lavoro, alternati ad alcuni rigurgiti pseudosessantottini, sotto la bandiera della garanzia dell’offerta di pari opportunità a tutti gli alunni; la fine del secolo sembra finalmente diventare più consapevole della necessità di dover garantire ai giovani non un diploma, valido soltanto come documento legale, ma l’acquisizione delle competenze e delle abilità necessarie per inserirsi con successo nel mondo del lavoro o per proseguire gli studi.
La consapevolezza dell’importanza sociale della formazione dei giovani, oggi più ancora di ieri, condivisa da capi d’istituto e docenti, le innovazioni introdotte nel sistema scolastico e il dibattito culturale e politico degli ultimi anni sul complesso ruolo formativo della scuola nella società attuale, hanno prodotto ancora cambiamenti nel comportamento dei docenti valutatori.
Le innovazioni introdotte, infatti, dalla nuova formula degli esami di Stato, implicano da parte degli alunni livelli di prestazione qualitativamente maggiori rispetto al passato e da parte dei professori una didattica flessibile e un’attenzione particolare sia alle tipologie delle prove scritte, sia ai criteri di valutazione delle prove scritte e orali, anche in considerazione del fatto che la valutazione delle prove d’esame sarà in quindicesimi.
Tali innovazioni hanno ingenerato in parecchi docenti non poche perplessità e qualche preoccupazione sulla rispondenza tra valutazioni finali e rendimento degli studenti, per cui alcuni professori hanno deciso di “salvaguardare” i candidati, arrotondando per eccesso i voti del primo quadrimestre, altri, invece, hanno ritenuto più opportuno non “sbilanciarsi” e “allargare la manica” semmai alla fine del secondo quadrimestre.
Chiaro, quindi, come le valutazioni non abbiano sempre rispecchiato concretamente la situazione scolastica degli alunni, e abbiano, invece, risentito in parecchi casi del soggettivismo dei singoli valutatori.
In barba alla tanto auspicata oggettività della valutazione.
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