La senatrice Simona Malpezzi (Pd), intervenuta a Omnibus, spiega come si debba intervenire sul disagio giovanile a partire dai nidi e dalle scuole dell’infanzia.
“Dove governiamo le Regioni, abbiamo provato in tutti i modi ad alzare la media regionale delle scuole dell’infanzia – chiarisce la senatrice – perché è noto che più i bambini riescono a entrare presto nel sistema educativo, meno saranno alunni sensibili alla dispersione scolastica, avranno vantaggi in più: ecco perché nel Pnrr il focus è stato posto sui finanziamenti in quell’ambito”.
E continua: “La legge che stabilisce che la scuola dell’infanzia e i nidi entrano in un sistema educativo complessivo e non rappresentano più semplicemente assistenza alla persona è del 2017. Una prima risposta – fa notare – perché noi ci interessiamo dei bambini da quando nascono a quando vanno all’università”.
E fa una breve incursione sugli Its e sulle lauree abilitanti che, secondo la senatrice Malpezzi, permettono di accrescere il tasso di occupazione, in quanto percorsi formativi in grado di offrire competenze realmente spendibili sul mercato.
La questione degli asili, come ha annunciato anche la senatrice Malpezzi, è entrata a pieno diritto nell’ambito della quarta missione del Pnrr (il documento italiano mediante il quale il nostro Paese si candida a ottenere i finanziamenti del Recovery Fund) ovvero la parte relativa all’istruzione.
Come abbiamo riferito anche in passato, i dati contenuti nel Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) mostrano una estrema carenza di servizi per l’infanzia, tutta italiana, per la quale il Pnrr si pone l’obiettivo di creare 228 mila nuovi posti.
Nei cicli di istruzione inferiore il divario è evidente anche rispetto agli standard europei. Ad esempio, si legge nel Pnrr: il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni si colloca nel nostro Paese in media al 25,5 per cento – con rilevanti difformità territoriali – ovvero 7,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo europeo del 33 per cento e 9,6 punti percentuali al di sotto della media europea. Significa che 1 bambino (0-2 anni) ogni 4 trova posto; 3 su 4 no.
Cifre che diventano intollerabili al sud, dove la carenza è tale che le donne, in maniera sistemica, rinunciano persino a fare richiesta di posto per il proprio bambino, con effetti rilevanti sull’occupazione femminile, sia in termini di donne che avrebbero potuto essere occupate presso gli asili nido, sia in termini di donne che non possono lavorare perché devono dedicarsi al proprio bambino 0-2 anni.
Questo fenomeno è spiegato in maniera esplicita nel Pnrr: Tali fattori deprimono la domanda apparente di servizi educativi per l’infanzia, generando un equilibrio socialmente inefficiente, dove alla bassa offerta di servizi educativi per l’infanzia corrisponde una ridotta domanda apparente, soprattutto al Sud.
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