Nelle ultime ore il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è intervenuto ancora per parlare delle “magnifiche sorti e progressive” della scuola 4.0.
Il Pnrr – ha ricordato il Ministro – farà arrivare alle scuole oltre un miliardo di euro per migliorare le nuove competenze e i linguaggi innovativi.
Sarà così possibile promuovere in particolare le discipline Stem e potenziare ancora di più l’insegnamento delle lingue straniere.
Ci sarà anche un grande piano di formazione rivolto ai docenti e al personale Ata in fatto di competenze digitali e tutti gli studenti dovranno svolgere un corso di coding durante il loro ciclo scolastico.
Le intenzioni sono apparentemente ottime e gli annunci del Ministro saranno certamente accolti con grande favore dalle famiglie; d’altronde già 20 anni fa le famose “tre I” di Letizia Moratti (inglese, internet, impresa) spopolarono fra l’opinione pubblica.
Ma chi nella scuola ci lavora da qualche decennio sa benissimo con non bastano gli annunci a cambiare davvero le pratiche didattiche e a migliorare i risultati degli studenti.
Certamente raccontare alle famiglie che tutti gli studenti studieranno coding può suscitare interesse e magari anche un po’ di entusiasmo, ma poi bisogna fare i conti con la realtà.
Come sanno molto bene tanti insegnanti, per fare in modo che gli studenti imparino di più e meglio è indispensabile riuscire a fare leva sui loro interessi e sulla loro motivazione senza dimenticare il fatto che per diventare un vero ambiente di apprendimento la scuola deve far leva su tanti elementi, non solo di natura cognitiva, ma anche di carattere emotivo e relazionale.
Lo studente impara di più e meglio solo se “va a scuola” con piacere (che non significa di sicuro andarci per “divertirsi” ma anche per mettersi alla prova).
Ma per ottenere questo risultato ci vogliono condizioni di “contorno” che non sempre esistono e che sono anche difficili da attivare.
Per esempio ci vogliono insegnanti preparati e motivati, ma dobbiamo ricordare che oggi almeno un insegnante su 4 di quelli in servizio è precario e non ha nessuna certezza di poter rimanere in quella scuola anche l’anno successivo.
Senza considerare il fatto che, per migliorare i processi di insegnamento/apprendimento, sarebbe forse necessario anche fare maggiore ricorso ad attività cooperative e laboratoriali riducendo allo stretto necessario le lezioni “tradizionali”.
E poi sono necessari ambienti scolastici adeguati e accoglienti anche da un punto di vista estetico (sappiamo però che ad oggi molti edifici scolastici non rispettano neppure le norme sulla sicurezza).
Inoltre un buon progetto di Scuola 4.0 richiederebbe un serio piano di formazione e aggiornamento del personale docente ma dobbiamo ricordare che ad oggi l’obbligo di aggiornamento è ancora sulla carta e in diverse scuole non si realizza.
In ultimo va anche detto che è vero che le risorse per l’acquisto dei strumenti, attrezzature e dispositivi sono certamente ingenti ma molte scuole lamentano il fatto che fanno molta fatica a “spendere tutto” a causa delle procedure lunghe e complesse o comunque troppo onerose rispetto al personale amministrativo assegnato alle scuole stesse.
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