Siamo nei giorni della seconda ondata della pandemia da Covid-19, marzo 2021, quando è stato reso pubblico il comunicato di Palazzo Chigi sul nuovo Decreto Legge del 12 marzo 2021. Secondo il decreto, le scuole di 11 Regioni collocate in rosso e in parte anche degli altri colori (tranne la Sardegna che è stata associata al bianco) dovevano ricorrere alla DaD a causa dell’aumento del numero dei contagi.
Ma la legale rappresentate di una cooperativa che si occupava di gestire un istituto scolastico della provincia di Varese aveva deciso di lasciare aperta la scuola, nonostante il provvedimento.
Adesso l’accusa è di “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”. L’articolo 650 del codice penale prevede l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda di poco superiore ai 200 euro. Ciò che viene contestata è la violazione dell’ordinanza con cui il sindaco del paese in cui si sono svolti i fatti aveva disposto la sospensione delle lezioni in presenza, in tutte le scuole del Comune.
Tuttavia, la scuola in questione si difende perché ai tempi dei fatti, come ha riportato un testimone al giudice, “aveva elaborato un piano per gestire gli spazi scolastici evitando contatti fisici e scongiurando possibili casi Covid, così da non costringere gli alunni a rinunciare alle attività di laboratorio con i compagni, nella convinzione che la didattica a distanza avrebbe creato troppi danni agli studenti, specialmente sotto il profilo psicologico”. Ecco perché durante una sopralluogo della polizia, furono trovati a scuola ottanta alunni e dieci docenti nonostante le disposizioni di chiusura.
Si attende adesso la prossima udienza, che sarà ad aprile 2024, in cui verranno ascoltati altri testimoni e anche l’imputata, che avrà la possibilità di fornire la propria versione dei fatti.