Aperta la consultazione sulle proposte governative della “Buona scuola”, la “Scuola reale” si dibatte nei problemi di sempre. Dai risparmi imposti su tutto, agli ambienti scolastici inadeguati o perfino pericolosi per la salute e la sicurezza.
È notizia di oggi che nella sola provincia di Vicenza, su 45 scuole individuate a rischio radon, solo 8 istituti si sono finora messi a norma. Il Governo ha lanciato con la solita enfasi comunicativa il Piano per l’edilizia scolastica Scuolebelle, Scuolesicure, Scuolenuove. Ma, come si vede, i dati reali ci dicono l’attuazione procede con ritmi più italiani che renziani.
Quanto ai docenti, vivono l’ennesima proposta di riforma rivoluzionaria con diffidente rassegnazione. Che il trucchetto dei 60 euro per i meritevoli sia una colossale presa in giro lo hanno capito tutti, facendo un po’ di conti. Ma un altro aspetto della beffa riguarda la formazione in servizio, che teoricamente dovrebbe essere assicurata dal Ministero nei suoi vari livelli. Nella Scuola reale invece, i docenti ormai se la devono pagare. E con la “Buona scuola”, ancora di più.
Facciamo un esempio. La riforma Gelmini del II ciclo ha reso obbligatorio nel quinto anno dei Licei e degli Istituti Tecnici che una materia sia insegnata in lingua straniera. La riforma è arrivata al quinto anno e, come al solito, bisogna arrangiarsi autonomamente e a costo zero per rendere la Scuola reale più “buona” che sia possibile. Quei docenti che hanno investito in formazione per acquisire le competenze metodologiche CLIL, la formazione se la sono pagata di tasca propria spendendo cifre non da poco.
Oggi comunque qualsiasi corso di formazione è diventato costoso per i docenti. Si va dall’obolo di iscrizione ai corsi proposti e gestiti da soggetti esterni o con esperti esterni, al “contributo” per quelli organizzati a livello di scuola, alla tassa vera e propria per l’Università.
E poi si finge meraviglia osservando “che la partecipazione alle attività di sviluppo professionale degli insegnanti italiani sia risultata una delle più basse tra i Paesi partecipanti all’indagine Talis 2013”!
Nella “Buona scuola” di Renzi la formazione diventa obbligatoria, e serve per “disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimento di incarichi aggiuntivi”.
Significa che bisognerà spendere fior di quattrini per acquisire i crediti formativi certificati, che serviranno a guadagnare (forse e sgomitando parecchio) il “premio” di 60 euro al mese, circa 780 annuali. È lo stesso meccanismo perverso che da sempre sta stritolando i precari, che per guadagnare qualche punto di avanzamento in graduatoria devono spendere migliaia di euro in formazione, per acquisire crediti e competenze certificate, con la speranza di entrare in ruolo dopo 10-20 anni.
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