Sta subentrando una certa confusione sulla quarantena da attuare nel caso di un alunno risultato positivo al Covid-19: premesso che la decisione è di esclusiva pertinenza della Asl locale, la tendenza rimane quella di applicare le indicazioni nazionali che poi sono la quarantena di sette giorni per i vaccinati e di dieci giorni per i non vaccinati, con rientro per tutti previa esibizione di un tampone naso-faringeo negativo. Non tutte le scuole, però, applicano queste disposizioni, anche per via di comunicazioni applicative degli enti locali a volte diverse se non difformi.
Ad esempio, c’è chi mette in quarantena cautelativa tutta la classe solo perché un alunno ha un caso di Covid in famiglia e ancora deve fare il tampone; c’è chi, invece, continua a mandare a scuola la classe perché l’allievo contagiato è venuto a scuola l’ultima volta diversi giorni fa; ma anche chi mette in quarantena solo i contatti più stretti.
Insomma, quello che ne esce fuori è un quadro davvero troppo disomogeneo, con evidenti differenze anche negli stessi territori. Con classi spedita a casa, quindi in DaD, anche per eccesso di prudenza
A far intendere che occorre maggiore unitarietà è stato anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità: in occasione della conferenza stampa sull’analisi dei dati del monitoraggio settimanale della Cabina di regia, Brusaferro ha detto che bisognava giustamente “riprendere l’attività scolastica con tutte le misure per garantire una scuola in presenza”.
Ora, però, ha continuato il presidente dell’Iss, “si tratta di capire in caso di positività chi sono i contatti stretti dei positivi e in questo senso c’è un lavoro fatto con regioni e ministero” della Salute “che sta cercando di individuare standard omogenei da applicare sul territorio”.
In prospettiva, infine, ricordiamo che il ministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha annunciato che la quarantena dovrebbe scomparire per tutti i vaccinati.
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