Anche il ministero dell’Istruzione prende le distanze dai contenuti considerati classisti del sito internet dell’Istituto Comprensivo statale di via Trionfale di Roma, che sul proprio sito Internet metteva in evidenza di avere una sua sede composta da allievi solo di ceto medio alto e figli dell’alta borghesia, con un altro plesso frequentato da “alunni di estrazione sociale medio-bassa” e con un “maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”.
La scuola, che poche ore dopo le proteste generalizzate era stata costretta a cancellare le frasi riferite ai ceti sociali, lasciando solo quella in cui si spiega che “l’ampiezza del territorio rende ragione della disomogeneità della tipologia dell’utenza che appartiene a fasce socio-culturali assai diversificate”, ha fornito le sue spiegazioni.
Lo ha fatto tramite il Consiglio d’Istituto, il quale ha spiegato di non avere “mai posto in essere condotte discriminatorie nella ripartizione degli alunni nei diversi plessi o nelle diverse classi. Infatti, è importante chiarire che al momento dell’iscrizione dei propri figli, sono i genitori a scegliere uno dei quattro plessi scolastici dell’istituto sulla base dei criteri della residenza e/o del luogo di lavoro”.
In effetti, se si consultano con maggiore attenzione altri documenti della scuola – come il Rav – si leggono contenuti di ben altro tenore: “La disomogeneità socio-economica rappresenta uno stimolo alla personalizzazione dei percorsi. La presenza di alunni di cittadinanza non italiana rappresenta una “risorsa” e un’occasione di crescita e di arricchimento sia individuale che di gruppo”.
Il giorno dopo l’accaduto, i cronisti delle agenzie sono stati a sentire gli umori dei genitori gli alunni frequentanti la scuola.
Sembra che il problema era stato sollevato già diverso tempo fa. “È una storia vecchia, mi sono meravigliata che sia venuta fuori ieri”, ha detto Raffaella all’Ansa, che ha due figlie iscritte alla sede di via Trionfale.
Alla preside, ha detto la donna, “era stato segnalato che era una cosa ingiusta dividere gli alunni per ceto, ma lei non lo aveva rimosso – ha aggiunto – spiegando in quell’occasione che non c’era alcun intento discriminatorio, ma che si stava adeguando a delle indicazioni ministeriali che invitano la scuola a fornire una fotografia fedele della realtà per adeguare i piani dell’offerta formativa”.
Ma la presenza di testi con accostamenti ai ceti sociali, perché rispondenti alle Linee guida ministeriali o altra documentazione richiesta dal Miur, non avrebbe motivo di fondamento.
A stretto giro di posta, lo ha detto lo stesso dicastero di viale Trastevere, in modo tutt’altro che conciliante: quello che è stato pubblicato sul sito Internet della scuola di via Trionfale “non ha nulla a che fare con Linee guida ministeriali o altra documentazione richiesta dal Ministero dell’Istruzione”, hanno fatto notare fonti del Miur.
“Se la scuola, per giustificare la descrizione del contesto che è stata fornita sul proprio sito, sostiene di aver seguito precise Linee ministeriali, riferendosi a documenti come il Rapporto di autovalutazione o il Piano triennale dell’offerta formativa, si sbaglia”.
“In quei documenti – precisano le fonti – è richiesta una semplice analisi del contesto per definire al meglio le scelte didattiche e l’offerta formativa, nonché il percorso di miglioramento da realizzare. Tant’è che la descrizione del contesto all’interno del RAV e del PTOF, definiti dall’IC Trionfale, non contiene elementi di discriminazione”.
In conclusione, per il Miur “è stata una libera scelta dell’Istituto inserire quel testo in una pagina di presentazione della scuola ad uso dei genitori, accessibile dall’home page, particolarmente visualizzata, peraltro, nel periodo delle iscrizioni“.
In serata, al Tg3, lo ha detto anche la ministra: le linee guida del ministero dell’Istruzione “non parlano di classi sociali ma semmai di inclusione: è evidente che la scuola ha commesso un errore e ha provato a rimediare, spero non avvenga più. Non abbiamo scuole di serie A e di serie B; noi miriamo ad azzerare ogni forma di discriminazione, la scuola serve a includere non a discriminare”.
“Vogliamo che ogni studente studenti abbia successo formativo; per me la scuola è stata un ascensore sociale, il modo di elevarmi; credo in questa forza della scuola, una scuola aperta a tutti che permetta a tutti di raggiungere i livelli più alti di studi”.
A non riconoscersi in quella descrizione, vi sono diversi genitori: “La scuola non può pubblicare un testo di quel tipo – commentano all’uscita – classificare i bambini in questo modo. Tra l’altro non rispecchia la realtà parlare di ‘alta borghesia’. In questa sede c’è un ambiente variegato”.
“È una discriminazione grave, non si possono presentare le scuole ghettizzandole in base al ceto sociale, alla condizione economica o alla presenza di bimbi stranieri”, aggiunge una madre.
“Mi sembra una cosa grave, soprattutto perché parliamo di una scuola pubblica”, dice un’altra.
Una mamma di un’alunna della sede di via Vallombrosa, però, non sembra scandalizzarsi: “Letto in un altro modo, può essere visto anche nella maniera opposta ossia che era una scuola che accoglie tutti. Le insegnanti oggi erano mortificate, loro mettono l’anima in questo lavoro”.
Quasi tutti concordano comunque su un concetto: quella di Via Trionfale “non è una scuola classista, ma ci sono realtà diverse che convivono nei diversi plessi e tutti i bimbi vengono trattati allo stesso modo”.
Però all’esterno quello è trapelato: per Federico Allegretti, coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi, “la scuola italiana è tutta classista: invece di ridurre le disuguaglianze le cristallizza. Invece di offrire le stesse possibilità di realizzazione personale a tutti, a prescindere dalle loro condizioni di partenza, lascia a se stessi gli studenti, col risultato che i più deboli, inevitabilmente, soccombono”.
“Invece di ripetere parole vuote come ‘meritocrazia’”, la verità è che “nessuno deve essere lasciato indietro!”, conclude Allegretti.
Intanto, il Codacons ha fatto sapere che presenterà un esposto contro la dirigente e il consiglio d’Istituto di Via Trionfale.
“Si tratta non solo di un gesto vergognoso e squallido, ma di un episodio che potrebbe costituire un reato – spiega il presidente Carlo Rienzi – Per questo abbiamo deciso di presentare una denuncia penale alla Procura della Repubblica di Roma contro dirigente scolastico e consiglio di istituto, in cui si ipotizza la fattispecie di istigazione alla discriminazione”.
L’art. 604 bis del Codice penale punisce infatti “con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
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