In questi giorni di emergenza sanitaria e di chiusura delle scuole, vien fuori una diagnosi critica sullo stato attuale del sistema scolastico italiano e l’immagine di una scuola povera e in affanno, di una scuola in crisi che non riesce a far fronte in modo unitario ed efficace alle sfide e ai problemi legati alla globalizzazione.
Per questo motivo la professionalità degli educatori è costretta, quotidianamente, a fare i conti con la triste realtà delle scarse risorse e delle strutture inadeguate che non possono fronteggiare le emergenze e rispondere alle esigenze di una didattica moderna e globale.
Decenni di inefficaci azioni di politica scolastica ed eccessive e inopportune ingerenze in ambito educativo, spesso negative, continuano a rallentare l’operatività e a far perdere terreno e credibilità all’intero sistema.
Mancano finanziamenti e significative procedure ministeriali che evitino, in situazioni particolari, il fai-da-te e possano mettere tutte le scuole nelle condizioni di gestire efficacemente i problemi.
La ricca, gloriosa, innovativa e importantissima tradizione educativa del nostro Paese è contagiata, più che dal coronavirus, da un disorientamento generale e da una destabilizzante stanchezza e demotivazione, non appare all’altezza delle attese, non risponde ad una chiara strategia di rafforzamento dei saperi e incontra serie difficoltà nella gestione e soluzione di problematiche complesse come quella attuale.
Pertanto, ogni criticità della nostra scuola va analizzata tenendo conto non solo delle numerose variabili, delle continue e diversificate emergenze, ma anche dell’insufficiente spesa per l’istruzione e delle diverse proposte di riforma che, in questi ultimi anni, hanno trovato non pochi ostacoli e opposizioni.
Le emergenze, in pratica, vanno analizzate e affrontate in base alle disponibilità economiche, alla capacità di progettazione, valorizzazione e gestione compartecipata di tutto il nostro potenziale formativo e, soprattutto, tenendo conto dell’eccessiva frammentazione dell’assetto organizzativo e didattico delle nostre scuole.
In questo particolare momento non si può, dunque, non far riferimento a scuole e università di altri Paesi molto attrezzate e informatizzate, che hanno a disposizione ambienti di apprendimento più accoglienti, moderni sussidi didattici, direttive unitarie, importanti e preziose risorse strutturali ed economiche.
Di conseguenza, la nostra cultura e il nostro sistema scolastico che hanno fatto scuola nel mondo subiscono, oggi, i mali e le inefficienze di una società politicamente poco incisiva ed efficace dal punto di vista della crescita economica e culturale.
Docenti che tra mille difficoltà si sforzano per educare, fornire lezioni a distanza senza mezzi, procedure condivise e accreditate e senza un adeguato e consolidato rapporto di interazione con le differenti realtà socio-familiari, possono indirettamente mettere in atto connotazioni educative poco incisive e discriminanti.
Per questo motivo, la scuola non ha bisogno di alchimie educative, né tantomeno di demagogiche soluzioni, ma deve sottrarsi a certe improvvisazioni che posso determinare la sua definitiva sconfitta.
È possibile dare segnali positivi solo ponendo particolare attenzione ai molteplici contesti differenziati, all’insostituibile funzione della relazione educativa, all’interazione certa con una grande diversità di modi di apprendere e alla corretta sintonia tra scuole, famiglie, risorse e società.
Fernando Mazzeo
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