Un nonno chiede al nipote: “Caro, potresti gentilmente aiutarmi a trasportare un po’ di legna in casa?”; il nipote: ”Nonno, perdonami, non posso, ho la dad!”. Il nonno che ha studiato un po’ l’inglese concluderà che il nipote è già impegnato col padre, colui che non ha studiato l’inglese rifletterà sulla risposta del nipote cercando di ravvisarvi un senso.
Quando 30 anni fa all’incirca passavo i miei anni a Londra, i miei amici in terra di Albione lamentavano il fatto che la lingua inglese stesse diventando sempre più sintetica, quasi fosse preda di un processo economico che da essa non pretendeva neanche più l’essenziale, bensì la riduzione dell’essenziale.
Per dire I love you, i giovani di allora preferivano dire ILY /aili/, utilizzando, in economia, le prime lettere del sintagma. Vero e proprio neologismo autonomo, insomma, con specifica sonorità. Asap /ˌeɪɛseɪˈpiː/ oppure /ˈeɪɛsæp/, acronimo di as soon as possible /ˈæz ˈsuːn ˈæz ˈpɒsɪbəl / è oggi l’esempio più inflazionato, presente persino nei testi scolastici di lingua inglese.
È vero che la lingua in quanto tale è fenomeno umano arbitrario che dovrebbe rappresentare, suggerire, evocare, in evoluzione, ma da qui ad un ritorno regressivo al flatus vocis privo di consistenza semantica ce ne passa! Il conio di un neologismo richiederebbe il riferimento ad un oggetto, ad un’immagine, ad un’idea e non, come una vite che si stringe su se stessa, all’autoreferenzialità linguistica, dando paradossalmente il via ad una polisemia infinita, che proprio perché “polisemia” e proprio perché “infinita” dice tutto e non dice niente.
E l’Italia, come è messa al riguardo? Avrebbe mai potuto il Bel Paese, di poeti e naviganti, considerarsi immune dall’istrionismo del fenomeno pan-germanico? Certamente no! Da mesi ormai abbiamo a che fare con l’acronimo palindromo dad, didattica a distanza, che ci offre svariati spunti di riflessione, persino divertenti. Tanto per iniziare, potremmo divertirci se solo lo considerassimo un pun fonetico e/o fonologicoe facessimo roteare le d verso destra tanto da avere bab, oppure portandole in basso, qaq, e roteandole a loro volta, pap.
Eh, la lingua è un fenomeno dai risvolti semantici poliedrici! Dad potrebbe significare “dare a dio” ma anche “dare al demonio” e tante altre cose che affermano e negano al contempo, antitetiche. Come navigare in rete alla ricerca di un argomento e perdersi nell’oceano di tesi spesso contraddittorie perché non si posseggono gli strumenti ermeneutici.
Parallelamente alla reductio culturale della società italiana dove la gente non sa più parlare, non sa più scrivere, se legge non comprende, si propone un modello di istruzione ridotto ai minimi termini. I libri di testo nelle Scuole e nelle Università assomigliano a veri e propri sunti, malfatti mal strutturati, che non offrono più nemmeno i rudimenti di un sapere immenso.
L’ora di lezione è ridotta oramai ad un tempo burocratico speso davanti al PC per scrivere presenti/assenti, argomenti svolti (o meglio non svolti), entrate/uscite, crediti/debiti, ecc. ecc. I compiti devono essere strutturati secondo la modulazione Vero/Falso, abbinamenti tra lettere e numeri, completamenti … in modo che la valutazione sia la più oggettiva possibile, pena la sferzata della scure docimologica.
A ciò si aggiunga la contrazione di tanti altri neologismi che generano incomprensibilità (DSA, BES, PCTO, DS, DSGA, PTOF …) e lo sfascio del mondo scolastico è fenomeno irreversibile!
Cosa ci sarà dietro? Inconscio politico stricto sensu oppure inettitudine?
Fortunatamente esiste ancora la DIASTOLE.
Sul versante opposto al processo di disintegrazione esiste, anche se sparuto, un gruppo di sopravvissuti che crede ancora che la didattica debba espandere non contrarre. E’ nei prodromi dell’espansione che trovano ragion d’essere i territori da esplorare e gli orizzonti da superare, non nel loro restringimento. Persino lo strutturalismo più saldamente radicato ha trasmesso l’idea del dinamismo: dalla lettera la parola, dalla parola la frase, dalla frase il periodo, dal periodo il concetto.
Per Aspera Ad Astra (e non PAAA).
Stefano Di Domenico