Il nostro pianeta ospita, almeno attualmente, 191 stati membri dell’ONU e che partecipano attivamente alle riunioni proposte dall’organizzazione. Attraverso i tragici svolgimenti del conflitto in Ucraina siamo però entrati in contatto con realtà nazionali differenti, spesso autoproclamatesi tali a seguito delle frizioni con l’esecutivo centrale del precedente stato di cui facevano parte o per l’avvicinamento graduale alle cause di un’etnia simile o medesima.
De facto indipendenti, questi stati hanno serie difficoltà, per motivi finanziari ed organizzativi, a garantire i servizi assistenziali di base tra cui istruzione, sanità e trasporti: una consistente parte dei fondi viene investita nel contrasto alle attività che mettono in pericolo l’indipendenza dello stato o che cerchino di mettere in discussione, attraverso operazioni militari o brusche manovre diplomatiche, la sua sovranità, in genere pienamente appoggiata da una potenza – regionale o locale – sita nelle vicinanze. Come, dunque, può essere garantita l’istruzione primaria, secondaria ed accademica in un paese non riconosciuto ed in combutta con l’ONU e altre realtà che faticano a riconoscerlo come nazione indipendente?
Questa rientra nei servizi assistenziali di base, che spesso passano in secondo piano dando priorità armamenti e strumenti diplomatici al fine di risolvere le controversie internazionali che riguardano tali realtà. I casi sono molteplici: è possibile che la realtà geopoliticamente più vicina possa provvedere a fondi ed organizzazione o che possa farlo lo stato stesso, a suo modo.
In realtà nazionali come Abcasia e Ossezia del Sud, appoggiate da Mosca, si provvede ad inserire il piano didattico nelle realtà non perfettamente russofone, che prevede ore di lingua russa e di lingua locale, unite a moduli di letteratura e storia di entrambe le comunità che convivono nello stato. Ciò, in ogni caso, costituisce un’arma a doppio taglio per lo stato non riconosciuto: ha un sistema scolastico indipendente a tutti gli effetti? Organizzare la didattica presso un’altra capitale e proporla come autoctona potrebbe essere considerata una violazione alla sovranità, dato che si parla, in ogni caso, dell’educazione dei cittadini del futuro?
Un esempio simile vale per Cipro Nord, riconosciuto solo dalla Turchia, la quale finanzia attivamente il sistema scolastico locale cipriota: ciò le fornisce la possibilità di scegliere i programmi, la didattica e le modalità in cui somministrarli. Le nazioni che forniscono fondi propri hanno il controllo attivo di quando accade nelle scuole del paese dipendente, che non presenta, per rischio finanziario, atenei e istituti privati di formazione.
Una nuova realtà nazionale riconosciuta o meno è un luogo economico in cui pochi soggetti – salvo imprenditori pubblici e privati – desiderano investire in settori, specie se poco attraenti economicamente come educazione e – parzialmente – ricerca scientifica. Questo limitato interesse porta il monopolio dell’educazioni nelle mani dello stato che – fattivamente – riceve sovvenzionamento dagli stati limitrofi che lo appoggiano per motivi geopolitici, strategici o economici.
Citando ancora Cipro Nord, le scuole e gli atenei sono sovvenzionati dalla Turchia, unico paese membro ONU che riconosce Lefkosia come capitale della parte turca dell’isola mediterranea: uniche eccezioni private risultano essere, tipiche del mondo formativo ex-ottomano e arabo, le madrase, scuole di stampo religioso site nei pressi di moschee ove si apprendono discipline filosofiche, religiose e giuridiche che preparano alle professioni della vita pubblica, amministrativa e politica nelle istituzioni locali. Ammontano a poche unità, anche nel Caucaso, le “libere università” ove si apprendono economia, finanza e discipline scientifiche: limitato il numero di investitori che desidera veicolare capitali a favore del sistema d’istruzione locale, trattandosi comunque di realtà non riconosciute.
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