“Ogni fallimento è un passo verso il successo. Ogni scoperta di ciò che è falso ci indirizza verso ciò che è vero: ogni prova ci mostra qualche allettante forma di errore. Non solo, quasi nessun tentativo può considerarsi del tutto un fallimento, quasi nessuna teoria, quasi nessun risultato di un pensiero analitico, è del tutto falsa; nessuna forma allettante di errore è priva di un certo fascino latente che nasce dalla Verità”.
Così scrisse, pensate, nel 1852, il filosofo inglese William Whewell. Un’idea che ha attraversato più di un secolo e che arriva, ancora fresca e attuale, a noi. A tutti i giovani, e sono tanti, che hanno paura di un’interrogazione, di un brutto voto, di una bocciatura. A tutti i ragazzi e le ragazze che non sopportano più la sconfitta, perché i messaggi che ricevono da ogni parte esaltano la vittoria, il successo, la popolarità e l’affermazione in ogni campo. Messaggi che – paradosso di ogni paradosso – disapprovano e stigmatizzano persino le parole di un’atleta arrivata quarta alle Olimpiadi (quarta in tutto il mondo!) che in un’intervista proclamava la sua felicità pur non avendo raggiunto il podio.
Chissà, forse è proprio alle parole di William Whewell che si è ispirato Ludovico Arte, dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico per il Turismo “Marco Polo” di Firenze. O forse l’ispirazione è nata dall’esperienza di Modena di cui abbiamo già parlato a febbraio scorso.
Sta di fatto che il quotidiano La Nazione ci informa che il preside Arte ha elaborato un’idea molto originale e intrigante: far nascere, nell’Istituto che dirige, la ‘Scuola del fallimento’. Intervistato, il dirigente ha dichiarato che “anche a scuola sembra che non si possa più sbagliare. Ma questa ricorsa alla perfezione provoca stress e disagio. Voglio avviare una riflessione aperta a giovani e ad adulti, anche esterni al nostro istituto.”.
Da sempre in prima linea – continua La Nazione – nella ricerca del benessere dei suoi studenti, Ludovico Arte ha in mente di aprire proprio una ‘scuola di fallimento’. Per il momento si tratta di un’idea, che solo nelle prossime settimane prenderà forma in modo concreto con collaborazione di tutti, Collegio dei docenti in testa. Alla base c’è la volontà di far capire ai giovani che si deve sbagliare se vogliamo davvero imparare a crescere. Il preside racconta poi l’aneddoto di quella ragazza che per paura di una verifica orale aveva assunto quattro compresse di un certo farmaco per trovare – secondo lei – la calma necessaria ad affrontarla. Oggi, sottolinea il preside, sembra che non si possa più sbagliare. E invece è proprio l’errore un aspetto fondamentale della crescita. Ecco, vorrei provare a fare un percorso di riflessione per provare ad invertire un po’ la rotta. La corsa al traguardo più alto genera spesso stress e frustrazione. Non dimentichiamoci di quanto disagio ci sia tra i nostri giovani. E quante ragazze soffrano ad esempio di disturbi alimentari. Il preside, al momento, immagina questa scuola come un ciclo di incontri, aperto anche all’esterno, per far parlare adulti e ragazzi e per far emergere storie, racconti di inizi un po’ zoppicanti che invece hanno poi preso tutt’altra direzione.
Nella scuola c’è poca tolleranza su questo. Ad adulti e ragazzi non è consentito sbagliare. Il preside invita dunque tutti quanti – dirigenti, insegnanti, genitori, educatori – a ‘lavorare sull’errore’, a interrogarsi su quanto sia importante essere più tolleranti nei confronti degli incidenti di percorso. Lo stesso dirigente è pronto a mettersi a nudo, raccontando anche le sue personali storie di fallimenti.
Del resto, come dice il noto produttore musicale statunitense Rick Rubin, il fallimento è l’informazione che ti serve per raggiungere il luogo dove sei diretto.
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