Sembra proprio che le scuole dell’infanzia comunali siano scuole paritarie come le paritarie private, soggette ad autorizzazione e controllo da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale: incredibile ma vero.
Tutto questo quando sulla base dell’attuale Decreto 65/2017, i Comuni sono gli Enti che “autorizzano, accreditano, vigilano sui soggetti privati per l’istituzione e la gestione dei servizi educativi per l’infanzia; cordinano la programmazione dell’offerta formativa integrata, promuovono iniziative di formazione in servizio per tutto il personale del Sistema integrato”.
Lo scrive adiscuola.it che fa pure una statistica: oggi in Italia le scuole comunali rappresentano il 9%, quelle statali il 63% , quelle paritarie private il 28%. La tendenza dei Comuni è di chiudere le proprie scuole dell’infanzia, facendo intervenire o lo Stato o il privato. Una politica miope che disperde un patrimonio incalcolabile e il senso di una impresa educativa condivisa, costruita con slancio e profondo spirito democratico.
Tuttavia, aggiunge discuola.it, entro questa contraddizione si colloca una situazione di grande sofferenza e disagio delle insegnanti della scuola comunale dell’infanzia, a lungo tenute precarie e sottoposte ad un orario molto più pesante di quello delle colleghe statali: 30 ore settimanali con i bambini e un monteore annuo doppio per attività integrative.
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Come se ciò non bastasse un Comune come Bologna, che da due anni applica in modo punitivo il Contratto Enti locali, con turni e orari insopportabili (fino a 10 ore giornaliere), ora avanza la pretesa di utilizzare le proprie insegnanti come animatrici dei centri estivi, quando le norme contrattuali esistenti non ne prevedono assolutamente la obbligatorietà e lo stesso Decreto n. 83/2008 al punto 7.2 stabilisce che “anche alle scuole paritarie si applica il calendario scolastico definito da ogni Regione”
La reazione delle insegnanti è di sfinimento e di esodo incontrollato verso la scuola statale.
L’ADi ritiene indispensabile una rivalorizzazione delle scuole comunali anche attraverso l’ omogeneizzazione delle condizioni normative degli insegnanti comunali con quelle dei colleghi statali.
A questo fine appare necessario che alcuni ulteriori paletti siano definiti con decreto ministeriale, ad integrazione delle norme esistenti.