Sequestro illegittimo e abuso di potere: queste le ipotesi di reato, formulate dall’accusa, cui va incontro la scuola se il giudice, ora che è appunto partita la denuncia, darà ragione all’alunno che si è visto sequestrare il cellulare che stava usando in classe.
Senonché, dopo l’avvenuto esproprio, il telefonino non gli è stato restituito neanche a fine delle lezioni, cosicchè, senza poter utilizzare il cellulare al termine delle scuola, il giovane non ha potuto tenere i contatti con i familiari i quali, trovandosi fuori città, avevano cercato di contattare il figlio per assicurarsi stesse bene.
Da qui la denuncia dello studente di 18 anni nei confronti dell’I istituto “Duca degli Abruzzi”, di Treviso.
Gli insegnanti in pratica, come raccontano le agenzie, avevano messo in cassaforte il telefonino, con l’intenzione di restituirlo direttamente ai genitori dello studente, che però risulta essere maggiorenne, con ogni probabilità il giorno dopo.
Le ipotesi formulate nella denuncia sono di sequestro illegittimo e abuso di potere.
In favore della scuola è scesa l’assessora all’istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan: “A scuola non deve prevalere il codice civile o il codice penale. Queste sono le regole del vivere. In una comunità educativa, e questo la scuola dovrebbe tornare ad essere, ci devono essere regole interne”. Secondo il parere dell’avvocato penalista invece “il ritiro del telefonino, soprattutto ai maggiorenni, costituisce una forma di sequestro improprio che non può essere esercitato dal docente. Fermo restando la legittimità di un’eventuale sanzione prevista dal regolamento scolastico”.
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Il legale biasima il comportamento tenuto dalla scuola pur concordando con la circolare del Ministero della Pubblica istruzione, nella quale si rileva che “l’uso del cellulare rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti” che prevedono anche “attività ‘riparatorie di rilevanza sociale come la pulizia delle aule, attività di assistenza o volontariato”.
La circolare prevede “adeguate sanzioni, secondo il criterio di proporzionalità, ivi compresa quella del ritiro temporaneo del cellulare durante le ore di lezione”.
“L’utilizzo del telefonino – sottolinea Donazzan – non deve avvenire in classe, e quindi va ‘sequestrato’. E’ chiaro che poi il bene deve essere restituito, ma potrebbe essere ridato a fine anno. Allora la pena sarebbe quella vera e dura. Non centra il codice civile: tu sei in classe, sei sottoposto a regole, che sono quelle, il docente in quelle ore rappresenta l’autorità della scuola: C’è un preside, e un consiglio di istituto scolastico, che, in virtù dell’autonomia, determinano il vivere e le regole all’interno della struttura. Credo che oggi, al di là di chi è proprietario del bene, e il telefonino è un bene mobile, dentro la scuola debbano vigere altre regole”. “La circolare – è la contro deduzione dell’avvocato del giovane – non è una fonte di legge che può andare in contrasto con norme giuridiche esistenti. Il sequestro può essere disposto solo dall’autorità giudiziaria”.