Le scuole hanno chiuso i cancelli anche se solo virtualmente, studenti in vacanza e fine di un anno scolastico unico dal dopoguerra ad oggi.
Il covid 19 ha portato via con sé morti e paure cambiando il nostro modo di vivere, facendo emergere numerose difficoltà nella gestione “digitalizzata” della vita quotidiana.
Studenti che per mancanza di dispositivi non sono riusciti a seguire le lezioni a distanza, anziani che hanno visto acutizzarsi ancora di più il loro isolamento sociale.
Il sistema scuola si è trovato da un giorno all’altro di fronte alla propria fragilità ed ha messo a nudo tutti i suoi difetti, tutti i lati deboli di un percorso di riconversione digitale che era stato nella maggior parte di casi appena accennato.
Mancanza di banda larga in tutte le case, assenza di applicazioni standard già utilizzate, mancanza di strumenti a disposizione di tutti gli studenti hanno reso ad ostacoli il percorso della didattica a distanza.
Dal punto di vista morale ed etico, questa necessaria improvvisazione ha fatto emergere il cuore e la professionalità degli insegnanti, che sono riusciti a supplire il più delle volte alle voragini che si sono trovati davanti.
Ma cosa ci aspetta realmente a settembre? Che scuola avremo davanti a noi?
Il governo tra fughe in avanti e retromarce, annunci e smentite non ha di certo iniettato serenità a studenti e genitori. L’incremento di nuovi docenti è sicuramente una buona notizia, consentirà il giusto turn over e una copertura più estesa di classi meno popolose.
Serve però un vero piano strategico di medio e lungo periodo in grado di delineare più chiaramente come si vuole diventi la scuola 2.0 dei prossimi anni.
E un piano serio prevede un investimento e un progetto altrettanto serio sulla formazione degli insegnanti.
Ad oggi, in Italia la formazione degli insegnanti finalizzata all’acquisizione o al potenziamento delle competenze digitali non è mai arrivata ad acquisire un ruolo importante, nonostante il nostro Paese possa annoverare anni di investimenti in questa direzione. Basti pensare ad esempio agli interventi formativi sulle LIM, alle classi o alle scuole 2.0 e alle azioni specifiche all’interno del PON e non ultimo anche il PNSD che ha avuto il merito di creare un grande sforzo propositivo in tale direzione.
Nonostante queste diverse azioni, il nostro sistema scolastico è rimasto parecchio indietro se confrontato ad altri Paese in Europa proprio sulle competenze digitali (sia degli studenti che degli insegnanti) e in generale l’Italia è rimasta indietro sulla “penetrazione/integrazione” del digitale a scuola e tutto questo è emerso chiaramente durante il periodo di emergenza sanitaria.
Quali sono i motivi? Sicuramente uno dei maggiori ostacoli è di ordine culturale e denunciano un ritardo che non è solo della categoria dei docenti e del mondo scolastico in generale ma è un ritardo del sistema Paese.
Gli insegnanti hanno dimostrato, abbiamo detto, coraggio e cuore, si sono buttati a capofitto in questa nuova esperienza, hanno chiesto consigli, hanno studiato, hanno sperimentato, hanno anche sbagliato correggendo il tiro laddove possibile. Ora però è importante che venga predisposto un percorso serio per il domani. Bisogna pensare ad un docente come ad un professionista della conoscenza adeguatamente preparato e capace di integrare le tecnologie digitali nei processi di apprendimento e nelle metodologie
Non può bastare aver imparato a maneggiare qualche app o piattaforma digitale per credere di aver trasferito il “sapere” digitale”. L’introduzione reale ed efficace del digitale a scuola mette tutto il mondo scolastico di fronte ad una sfida e nello stesso tempo rappresenta una grande opportunità di cambiamento.
È una sfida che va affrontata e vinta per l’intero sistema educativo.