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Scuola e apprendistato per sbloccare l’economia

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Ricordato che l’Italia ha il primato europeo di percentuale di popolazione inattiva (35%) tra quanti abbiano tra 15 e 64 anni di età; ha la più alta quota di giovani che non studiano e non cercano lavoro (26,9% con il record al Sud con il 38,4%); ricopre la terza posizione in Europa quanto a disoccupazione giovanile (35,4% e 56% al Sud), quali le soluzioni per uscire da questi tristi primati?

Sul Sole 24 Ore, fra le altre, viene proposto di creare profili professionali corrispondenti a quanto chiedono le imprese.

 

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“Ogni anno almeno 60mila occasioni di lavoro si perdono perché le aziende non trovano chi le copra. Senza contare che le stime europee descrivono un futuro non remoto in cui almeno il 35% dei posti di lavoro disponibili avrà bisogno di alte qualifiche e in cui almeno nel 60% dei lavoro conosciuti il 30% dell’attività sarà affidabile a robot. Già ora l’Italia cerca (e non trova) saldatori qualificati o ingegneri gestionali solo per citare due esempi ai poli opposti nella scala dell’occupazione.

Quanto costa questo esercito di capitale umano sprecato e quanto sarebbe in realtà un risparmio un investimento massiccio per la sua occupabilità? Una stima Ocse ci avvisa che questo sperpero vale una mancata crescita del Pil di almeno l’1,4%. Inoltre, quante risorse spreca un Paese che destina all’estero un giovane (ad alta formazione) ogni 8 assunti in patria?”

Occorrerebbe poi, scrive Il Sole 24 Ore, “un sistema duale più efficiente che consenta l’osmosi ottimale tra scuola e lavoro, non solo attraverso i tirocini (che sono diventati la gran parte della esperienze europea di Garanzia giovani che nasceva con ben altre ambizioni) ma tramite un apprendistato più efficiente e semplificato”.

Carente l’educazione terziaria, mentre in Europa, in media, “un quarto dei giovani trova lavoro perché proviene da percorsi formativi professionalizzanti. L’esperienza dei 93 Istituti tecnici superiori triennali creata dal 2010 è ancora una nicchia, e finora ha diplomato 9mila giovani, l’80% dei quali ha trovato subito un impiego”.

L’altra grave lacuna del nostro Paese è la mancanza di lauree professionalizzanti, “cuore del successo del mercato del lavoro in Germania ad esempio, dove esistono 102 Università tradizionali ma ben 170 atenei di scienze applicate e professionalizzanti dove studiano 800mila ragazzi. In Italia ci sono 100 Università tradizionali e nessuna di scienza applicata”.