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Scuola finlandese, l’esperimento in un liceo: zero bocciati e assenze ridotte. Un prof: “Con i voti si manipolano i ragazzi”

Esperimento andato a buon fine? Così pare, almeno guardando ai dati delle promozioni e delle assenze, in un anno, degli studenti coinvolti. Questo il bilancio relativo a due classi di un liceo scientifico di Roma, in cui è stato applicato il metodo “finlandese”.

Ecco cosa viene valutato

Si tratta del primo anno in cui, nelle due prime classi, gli studenti non ricevono voti ma giudizi, costruiti, insieme a loro, da parte dei docenti. Come riporta La Stampa, dei sessanta iscritti passeranno all’anno successivo in 59: tutti promossi, uno ha cambiato scuola, alcuni sono stati rimandati, e un ragazzo arrivato con il sostegno dall’anno prossimo ne potrà fare a meno.

E poi c’è un dato che fa effetto: gli alunni hanno fatto un terzo di assenze in meno delle sezioni “tradizionali”. “Con i voti la scuola è davvero manipolatrice – dice un docente – perché i ragazzi si sentono giudicati: quando prendono 4 non è 4 preso al compito in classe, per loro vuol dire ‘io valgo 4, ho fallito’. Nell’età della crescita è psicologicamente devastante. La valutazione deve essere uno strumento, non un’attribuzione di merito, altrimenti gli svantaggi sociali restano irrecuperabili”.

Nelle sezioni “finlandesi” le parole chiave sono “ambiente di apprendimento” e “autovalutazione”. Alla fine del quadrimestre il voto numerico c’è, ma la differenza è tutta in come ci si arriva. A ragazzi e ragazze viene insegnato come autovalutarsi secondo vari “descrittori”. Ci sono “attenzione e partecipazione in classe”, “capacità di prendere appunti”, “consegne dei compiti: puntualità, costanza e completezza”, “punteggi nei compiti in classe”. Ogni studente si mette un voto da 1 a 10.

Il rapporto con le famiglie

Ma gli studenti sono onesti? “Sì, lo fanno con estrema naturalezza. Per esempio – racconta il professore – in ‘autonomia nell’approfondimento’ quasi nessuno ha un voto sufficiente. È raro che dopo che ho spiegato un teorema matematico, tornino a casa e si mettano a fare una ricerca”.

Se un compito in classe va male non si riceve un 3 o un 4: sul registro viene descritta la parte in cui l’alunno è andato male. Se qualcuno non ha capito una lezione, la “ripetizione” viene affidata a un compagno, che prende il posto del professore.

Anche il rapporto con le famiglie è diverso. Dopo il primo quadrimestre i genitori hanno dovuto compilare dei questionari per capire se quello che avevano letto in pagella coincideva con quello che avevano percepito. “Gli strumenti valutativi li abbiamo creati noi, è un work in progress. Il voto deve essere capito altrimenti non serve a nulla. Certo, c’è stato anche chi si aspettava un 8 e invece gli ho spiegato che era da sei. Con altri alunni abbiamo concordato l’insufficienza: se tu non conosci questa cosa, non ti posso promuovere. Il successo più importante è la creazione di un gruppo classe, un organismo collaborativo che crea un supporto reciproco. Chiamiamolo apprendimento solidale”, ha concluso.

La famiglia finlandese che ha lasciato la Sicilia per motivi legati alla scuola

A gennaio 2023 la storia della famiglia finlandese Mattson ha fatto il giro del web: la madre di due bambini ha deciso di lasciare la città siciliana perché non condivide il sistema scolastico italiano.

Nella scuola italiana, sostengono i genitori, “la giornata scolastica si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa”, soffermandosi sul fatto che da noi “non esistono pause dov’è permesso muoversi”, ma vi sono “solo piccole pause nella stessa classe“.

Invece, hanno scritto i due ad una testata giornalistica, “in Finlandia, gli studenti hanno una pausa di 15 minuti tra una lezione e l’altra, e lasciano l’aula per giocare insieme nel giardino/patio” con bambini che si “muovono, giocano, urlano e corrono liberamente all’aperto per liberarsi delle energie in eccesso e prendere aria fresca, così da ottenere migliori risultati a scuola”. Tantissimi sono stati i commenti, tra esperti e pedagogisti.

“Sono le neuroscienze a dare ragione alla madre finlandese”, ha detto Cinzia Mion ex dirigente scolastica, pedagogista e formatrice. Per poi aggiungere:  “Noi oggi sappiamo che il movimento facilita l’apprendimento“.

Redazione

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