Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ieri sera, 21 marzo 2021, ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha ribadito la propria posizione sul prolungamento dell’anno scolastico e sull’ipotesi della scuola fino a luglio, chiarendo: “Noi abbiamo deciso di dare alla scuola 150 milioni per permettere a giugno di organizzare l’orientamento e il recupero degli alunni. E poi a settembre si valuterà se questo gap è stato recuperato. Lo faremo con i Comuni, con le Province, nell’ambito di quel patto di comunità che abbiamo già predisposto l’anno scorso.”
Un patto di comunità che chiama in campo non solo ed esclusivamente gli insegnanti e il personale della scuola in generale, ma il territorio tutto, nelle sue parti in grado di provvedere a un’offerta formativa.
Ma in cosa consistono, esattamente, i patti di comunità di cui parla il Ministro? Nel suo volume Nello specchio della scuola, il ministro dell’Istruzione spiega che l’idea dei Patti educativi di comunità era stata già formulata e recepita dal Ministero dell’Istruzione (allora guidato da Lucia Azzolina) l’estate scorsa, quando si riprogettava il rientro in classe dopo la prima stagione di pandemia.
In vista della riapertura delle scuole a settembre 2020, il Comitato degli esperti del ministero dell’Istruzione aveva formulato già nel suo Rapporto intermedio del 27 maggio 2020 la proposta di predisporre un piano organico per il rilancio dell’autonomia scolastica, per il timore che l’emergenza COVID-19 si traducesse in una riduzione delle autonomie imponendo comportamenti uniformi e deresponsabilizzando dirigenti, scuole, famiglie, autorità locali, laddove, al contrario, bisognava fare rete e costruire un forte senso di comunità e di solidarietà orientato ai bisogni specifici di ogni territorio.
Insomma, ognuno doveva fare la sua parte: questa l’idea dei Patti educativi di comunità. Una norma che – seppur disattesa – è tuttora legge dello Stato, osserva il Ministro nel suo testo. Ecco, adesso è il momento di attuarla, secondo il titolare del Dicastero dell’Istruzione, così da rilanciare l’autonomia non solo definendo gli obiettivi educativi a cui l’intero paese deve tendere, ma anche ristabilendo una nuova alleanza con le Regioni (a cui sono attribuite le funzioni di programmazione nel territorio) e con gli enti locali (a cui sono demandate le competenze sulle strutture scolastiche).
L’idea dei Patti educativi di comunità è quindi di aprire alla scuola reali spazi di arricchimento formativo e, a un tempo, rendere la comunità corresponsabile dell’educazione dei giovani, dando piena attuazione alla legge sull’autonomia. Qui diviene cruciale il rapporto con l’università e i centri di ricerca, che devono avere la possibilità di costruire relazioni più strette con la scuola, in modo da garantire un «travaso» continuo dei loro studi e la loro messa a disposizione di un sistema educativo che deve poterli tradurre – soprattutto per quanto riguarda le materie scientifico-tecnologiche (Science, Technology, Engineering and Mathematics, STEM), cioè quelle più legate all’evoluzione delle scienze sperimentali – nella capacità di lavorare in gruppo per risolvere problemi complessi.
E viene anche precisato: Bisogna sfuggire alla facile tentazione di considerare gli spazi aggiuntivi al di fuori della scuola come sua dépendance: essi devono invece essere considerati un’opportunità per esplorare il mondo attorno alla scuola.
Dunque la scuola d’estate potrebbe anche avvenire fuori dai locali della scuola, presso enti pubblici e privati o università o biblioteche, che curino la formazione dei ragazzi e il recupero degli apprendimenti. Una scuola d’estate che è dentro e fuori la scuola, quindi.
Anche il nostro vice direttore, Reginaldo Palermo, affronta il tema della scuola d’estate, nell’intervista a Massimo Nutini, già dirigente di Enti Locali e ora consulente dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani). Una misura significativa che potrebbe davvero aiutare le scuole e i territori a superare questa difficile fase e a costruire un vero e proprio “ponte” fra l’anno scolastico che si concluderà a giugno e quello nuovo che inizierà a settembre, spiega Reginaldo Palermo. Ma è necessario che le scuole si attrezzino, sia sotto l’aspetto amministrativo ma ancor più sotto quello pedagogico, per realizzare l’intervento in stretta collaborazione con il territorio.
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