Egregio Presidente Mauro Palma,
sul Sole 24 ore del 1 aprile è stato riportato un vademecum in 11 punti “Vademecum per docenti e studenti. Undici tesi sulla didattica a distanza” a firma di Mauro Piras nel quale si sono forniti alcuni utilissimi consigli per docenti, e non, sull’uso della didattica a distanza (DAD).
Nel primo punto del vademecum si afferma: La DAD va fatta[…].Il diritto all’istruzione, in queste condizioni, può essere garantito solo così.[…] C’è però un grosso problema: il divario digitale[…] radicato in un divario sociale anteriore alla scuola; la scuola non può eliminarlo; in condizioni normali ne riduce solo alcuni effetti sul lato istruzione-educazione, se funziona bene: a distanza, ne limita meno gli effetti, perché è più difficile farlo; ma se non fa niente, quegli effetti si dispiegano nella loro totalità.
Alla lettura dell’articolo una domanda ci è sorta spontanea: “Ma noi, noi docenti dei percorsi di
istruzione nelle carceri, che non solo non riusciamo a fare Didattica a distanza ma, al massimo, riusciamo a far arrivare qualche fotocopia ai nostri alunni in carcere e neppure dappertutto, tanto che da un mese in moltissimi istituti penitenziari non c’è più alcun contatto tra docenti e studenti (rimandiamo per questo al nostro monitoraggio del 25 marzo scorso), noi, che proprio questo dovremmo fare nella nostra quotidiana azione di insegnamento, ovvero ridurre e combattere quel divario sociale che in carcere, più che altrove, si dispiega ampiamente, noi, oggi , a quale compito siamo chiamati, qual è il nostro ruolo?”
E’ vero, è un momento difficile, tutte le forze e le risorse delle istituzioni penitenziarie (non sono molte, sia in termini di personale che in termini finanziari, e non lo sono mai state) si stanno utilizzando per evitare il peggio, però, anche nella guerra contro il virus, la deroga permanente dal sistema dei controlli di legittimità, non può valere. Ed è questo il punto.
Per questo, visto che Lei è l’unico ad aver fornito risposte alle nostre domande e in uno dei Suoi quotidiani bollettini, quello del 31 marzo scorso, ha espressamente affermato: “Il Garante nazionale e i Garanti territoriali sottolineano la necessità che accanto alle usuali forme di comunicazione, su cui si è dibattuto in questi giorni, una particolare attenzione sia dedicata a che tali modalità vengano utilizzate anche per non interrompere i percorsi di formazione e di istruzione. La Rete delle scuole ristrette ha chiesto ai Ministri dell’istruzione e della giustizia di realizzare percorsi di teledidattica in carcere e di avviare una discussione su come far sì che l’attivita formativa possa proseguire”, noi docenti appartenenti alla rete delle scuole ristrette Le rivolgiamo un appello.
Dia voce con forza agli insegnanti delle scuole ristrette che chiedono di riprendere il contatto,
anche visivo, con i propri studenti e le proprie studentesse in modo che, se come sembra-e ne comprendiamo le difficoltà-, non è possibile utilizzare le riprese via Skype, si utilizzi la teledidattica per riuscire, attraverso i docenti, a svolgere videolezioni e si permetta a tutti gli studenti ristretti di accedere gratuitamente al servizio di posta ellettronica, attraverso il quale restituire ai propri insegnanti un feedback, seppure a distanza, su quanto videoregistrato e inviato.
Per la Rete delle scuole ristrette
Anna Grazia Stammati
(presidente CESP)
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