Politica scolastica

Scuola in carcere: perché votare la lista COBAS SCUOLA alle elezioni CSPI del 7 maggio

Il CESP, associazione culturale fondata dai COBAS nel 1999, ha dato vita, nel 2012, alla La Rete delle scuole ristrette, presente in circa sessanta istituti penitenziari, dislocati in tutte le regioni italiane. I docenti della Rete, in questi anni, hanno lavorato in particolare su quattro tematiche strategiche, inserite, grazie alla Rete, nelle Linee Guida della Nuova Istruzione adulti (par. 3.6- Specificità e distintività dei percorsi di istruzione nelle carceri): 1) Formazione degli insegnanti; 2) Attivazione di Laboratori didattici; 3) Potenziamento delle Biblioteche; 4) Definizione di misure di accompagnamento dei detenuti verso (e oltre) il fine pena. La Rete ha poi strutturato due attività laboratoriali quali esempi di progettualità didattica negli istituti di pena: a) Laboratori interdisciplinari per la costruzione di identità: il Teatro di Giorgio Flamini e degli studenti della Casa di reclusione di Maiano-Spoleto (PG), con “A città ‘e pulecenella”, prototipo dei laboratori del CESP e della Rete. Con il quale, partendo da una ricerca storico-antropologica condotta dai detenuti napoletani su Napoli, capitale di un Mezzogiorno da cui proviene la maggioranza dei ristretti nelle patrie galere, è nato un laboratorio didattico interdisciplinare, con lo spirito della costruzione drammaturgica e scenica, basato sullo studio di poeti e scrittori che nei secoli hanno rappresentato Napoli; b) un Laboratorio formativo/interattivoLa Biblioteca in carcere, di Luisa Marquardt e Anna Grazia Stammati, nella Casa Circondariale di Rebibbia a Roma, con il quale la Biblioteca in carcere è divenuta il luogo di relazione per un apprendimento interattivo, in cui le conoscenze diventano abilità spendibili all’esterno, avvicinando gli adulti “ristretti” alla lettura, sviluppando la capacità di espressione e di organizzazione del pensiero, attraverso l’intelligenza critica, per acquisire nuovi modelli di espressione del sé. 

Ma accanto a queste attività, la Rete, mostra preoccupazione per i dati sul livello di istruzione della popolazione detenuta forniti dal Ministero della Giustizia che, al 30 giugno 2023 (presenti 57.525 detenuti). Si registra, infatti, la presenza di un 21,1% circa di persone scarsamente alfabetizzate (4,5% analfabeta/privo di titolo di studio; 16,5% sola licenza elementare); di un 58,1% con la sola licenza media; di un 16,6% con il diploma di scuola superiore; di un 2% con laurea. A fronte di tali dati, nell’anno scolastico 2021/2022 sono stati erogati, in carcere, 1.735 corsi di istruzione, ai quali risultavano iscritte 17.324 persone, pari al 31,6% dei detenuti, di cui gli stranieri sono 7.550, impegnati quasi per la metà in corsi di apprendimento della lingua italiana. Altissima la dispersione scolastica: soltanto il 48,8%, meno della metà dei detenuti iscritti, ha ottenuto la promozione.

In una recente incontro della Rete sono stati evidenziati i molti problemi interni all’insegnamento in carcere: 

  • mancanza di centralità della scuola in carcere che continua a non trovare adeguato spazio nei piani di istituto di alcune Direzioni (o spesso tale centralità è solo enunciata);
  • discontinuità nei percorsi scolastici dovuta spesso al trasferimento dei detenuti nel corso dell’anno, senza comunicazione ai dirigenti scolastici né ai docenti, pregiudicando, spesso, la conclusione dell’anno scolastico dello studente ”ristretto”;
  • mancata valutazione del percorso scolastico per i benefici previsti per i detenuti che lo seguono, nonostante gli studenti detenuti siano spesso costretti a rinunciare all’“ora d’aria” o ad attività sportive concomitanti con le attività didattiche;
  • carenza di un organico docenti stabile in carcere;
  • la carenza di un organico adeguato di educatori e agenti che sia realmente funzionale all’attuazione concreta delle attività trattamentali, in quanto, in più di situazioni, si registra l’interruzione delle attività per ragioni di sicurezza e mancanza di un organico adeguato;
  • l’assenza di un coordinamento tra le attività che si svolgono negli istituti, che spesso per mancanza di spazi e rigida articolazione oraria si sovrappongono, determinando sovente una scelta forzata tra i  detenuti, tra lavoro e istruzione, a discapito della seconda;
  • mancanza di un intervento didattico-pedagogico basato sui reali bisogni dei detenuti e di un confronto tra i docenti su tale punto;
  • le difficoltà nella continuità delle attività spesso subordinate ai cambiamenti di organico di Direttori e Comandanti ai quali viene lasciata totale discrezionalità nella realizzazione delle attività, pur se già consolidate da anni, con grave danno per i detenuti.

Un ulteriore confronto tra i docenti della Rete è avvenuto in relazione alla finalità principale dell’intervento in carcere, quella del pieno reinserimento della persona detenuta nella società, obiettivo al quale puntare, si è detto, attraverso un lavoro di rete che diffonda le pratiche condivise nel gruppo (a livello istituzionale o meno). Su questo ci si è dati un successivo appuntamento dopo il seminario di formazione/aggiornamento che si terrà il 31 maggio prossimo, presso la Casa di reclusione di Aversa. Nel frattempo, per tutte queste ragioni, ci auguriamo che i docenti della scuola in carcere sostengano il 7 maggio la lista COBAS SCUOLA nelle elezioni del CSPI.

Anna Grazia Stammati  presidente CESP ed Esecutivo nazionale COBAS SCUOLA

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