Che i docenti non godano di ottima salute – lo abbiamo già documentato – è dimostrato dai dati della bibliografia internazionale (Francia, Inghilterra, Giappone, Germania, Spagna ecc.) e italiana (seppure limitatamente a importanti realtà cittadine quali Milano, Torino, Napoli.
Il primo problema del Belpaese consiste dunque nel non possedere, ma soprattutto nel non voler raccogliere, dati su scala nazionale, quando appare evidente che il disagio dell’insegnante (psichico nell’80% dei casi) è strettamente legato alla professione esercitata, a prescindere dal sistema scolastico adottato dai diversi Paesi.
La seconda beffa è costituita dal DL 81/08 (divenuto operativo solo il 1° gennaio 2011) che si occupa di tutela della salute del lavoratore: all’art. 28 il Testo Unico si propone infatti di monitorare e prevenire lo Stress Lavoro Correlato (SLC) nelle helping profession – che sono ad alta usura psicofisica – senza lo stanziamento di un solo euro. Eppure la norma parla chiaro e chiede di tenere conto del genere e degli anni di vita del lavoratore che, nella scuola, vede l’82% di presenza femminile con un’età media di poco superiore ai 50 anni. Niente da fare: i soldi non ci sono, oppure si vogliono riservare ad altro: tutto è più importante di questa categoria di lavoratori (ma soprattutto lavoratrici) che conviene mantenere schiacciata dai soliti stereotipi.
E’ pertanto conveniente non possedere dati nazionali che dimostrano come le patologie psichiatriche sono le vere malattie professionali dei docenti anziché le laringiti croniche. Esattamente come è funzionale evitare di raccogliere dati sulle incidenze tumorali nella categoria professionale quando negli Stati Uniti dimostrano che le insegnanti presentano una più alta incidenza di tumori (al seno) rispetto alle altre donne. Eppure è notorio che lo stress cronico comporta un’alta increzione di cortisolo nell’organismo col conseguente abbattimento delle difese immunitarie che favorisce la crescita neoplastica.
Ma è proprio grazie all’assenza di questi dati sulla salute dei docenti che è stato possibile riformare per la quarta volta – dal 1992 – la previdenza, fissando la nuova età pensionabile sempre più in alto (67 anni). E sempre in virtù dello stesso principio, facendo anche leva sui deleteri stereotipi nell’opinione pubblica, a breve, si aumenterà furbescamente l’orario di docenza frontale, come tentò di fare Monti invano, senza peraltro rivedere i salari più bassi d’Europa.
Che la volontà dell’attuale Governo non sia troppo favorevole ai docenti è poi confermato dall’incredibile vicenda di Quota 96: anziché riparare un errore ammesso dal ministro Fornero e col parere favorevole dell’intero Parlamento, l’esecutivo ha preferito girarsi dall’altra parte, adottando lo stesso atteggiamento tenuto di fronte alla salute degli insegnanti.
Lascia infine interdetti anche il silenzio delle parti sociali in materia di tutela della salute dei docenti nonostante il Miur non la finanzi affatto e neppure eserciti un minimo di controllo sul fatto che venga attuata e soprattutto sul come.
La scuola sta male e non può essere ignorata la condizione di chi vi opera, proprio perché femminile all’82% e perché a contatto con quei ragazzi che ne rappresentano l’utenza.
Si avvicina l’8 marzo ma, pure questa volta, sulla cattedra non ci saranno mimose per le docenti bensì un’amara sorpresa.
Per tutto quanto sopra, ogni riforma della scuola che non abbia come primo punto la salute del corpo docente deve essere rispedita al mittente. Stai serena scuola…
P.S. Quando il 29/11/2014, in un convegno a Milano a Palazzo Isimbardi, feci presente al titolare del Miur i dati sulla salute degli insegnanti e l’assenza del tema salute dai dieci punti della buona scuola, il Ministro mi rispose che eventualmente della questione avrebbero dovuto occuparsi anche i dicasteri del Lavoro e della Salute. Ad oggi nulla è stato fatto ma voglio nutrire la speranza di essere al più presto smentito.
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