Da molti anni la scuola media è vista come l’anello debole del sistema scolastico; la strada per sanarne tale inefficacia, però, non è mai stata individuata, anche perché il problema non è stato collocato in un’adeguata cornice.
Eppure l’ambito di riferimento era ed è in tutta evidenza. Si consideri l’incipit delle Indicazioni nazionali del 2004: “La scuola secondaria di 1° grado, confermando una tradizione avviata nel 1963 e consolidata nel 1979, rinnova il proposito di promuovere processi formativi in quanto si preoccupa di adoperare il sapere (le conoscenze) e il fare (le abilità) … per sviluppare armonicamente la personalità degli allievi in tutte le direzioni e per consentir loro di agire in maniera matura e responsabile”.
Si tratta di un indirizzo ventennale, rafforzato dalla normativa vigente; sgorga spontaneo il quesito: perché tali attese non sono state soddisfatte?
La lettura del citato documento ministeriale fornisce il terreno per sviluppare una plausibile risposta. Esso, infatti, indica: ”I livelli essenziali di prestazione a cui tutte le scuole secondarie di 1° grado sono tenute. Al termine della classe terza, la scuola ha organizzato per lo studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti (elencate) conoscenze e abilità personali”.
I due paragrafi trascritti consentono di focalizzare i vincoli cui l’attività delle scuole deve sottostare, la cui inosservanza sta all’origine della disfunzione:
- Organizzare attività educative e didattiche unitarie. La gestione scolastica si è caratterizzata per la progettazione d’itinerari i cui traguardi (comportamenti maturi e responsabili) erano perseguiti da tutti gli insegnamenti?
- Adoperare conoscenze e abilità. E’ stata superata l’antica concezione di scuola finalizzata alla trasmissione delle conoscenze? Significative la denuncia del precedente ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, sul “mito ossessivo del programma”.
- Trasformare in competenze. E’ stato attribuito al termine competenza un significato univoco e condiviso? Si tratta di una questione che il Ministero ha affrontato, ritenendolo uno dei “problemi più ricorrenti nel mondo della scuola, costituito dall’uso di espressioni e di termini a cui si attribuiscono significati differenti”.
La legge delega del 2003 è risolutiva: esistono competenze generali, le cui componenti sono capacità e conoscenze, e competenze specifiche, un mix di abilità e conoscenze. Le scuole hanno inteso il termine capacità come espressione di potenzialità, distinguendolo da abilità, che si riferisce a comportamenti acquisiti? Le scuole hanno orientato la “programmazione dell’azione educativa” d’istituto allo sviluppo di capacità? Le scuole hanno utilizzato le abilità esclusivamente per monitorare i processi d’apprendimento?
Razionalità vorrebbe che prima di parlare di anello debole s’indagasse sulla gestione delle scuole e sul rispetto delle regole di sistema.
Enrico Maranzana