“Dobbiamo mettere grandissima attenzione alla scuola media”, che “è la più delicata”, “profondamente frammentata, finalizzata e gerarchizzata”: sembra avere le idee chiare il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, su quale ciclo scolastico andare a mettere mano.
Durante l’incontro “Valutazione, prospettive confronto. Per una valutazione funzionale al rilancio della scuola pubblica e democratica“, promosso dalla Flc Cgil, dopo l’intervento del segretario della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, il ministro dell’Istruzione ha detto che sulla scuola secondaria di primo grado “è tempo di fare una riflessione che coinvolga non solo gli addetti ai lavori”.
Secondo il numero uno del dicastero dell’Istruzione è giunto “il momento di un grande dibattito nazionale sulla scuola, sulla didattica e sulle modalità didattiche”.
Bianchi ha detto di avere “ben chiaro il lavoro fatto sulle primarie, le difficoltà della scuola media, le diverse articolazioni della secondaria. Un dibattito aperto a tutte le voci”, ha sottolineato il ministro.
Bianchi ha anche parlato di “autonomia e sistema nazionale: sono i due perni su cui ci dobbiamo muovere, avendo chiaro che occorrono strumenti di valutazione” ma anche avere “la cautela” di dare agli strumenti “il loro effettivo scopo”.
Il responsabile dell’Istruzione pubblica ha detto che non ha “mai pensato di poter influire sui risultati Invalsi: anche i miei predecessori gli hanno dato un carattere di terzietà”, inoltre “tutti hanno colto che i parametri che sono stati usati non potevano essere assurti a valori generali. Usiamo le cose per quello che sono”, ha sottolineato Bianchi.
Se da una parte ci sono l’autonomia e la valutazione “collegiale”, dall’altra “c’è bisogno di strumenti che ci diano una percezione complessiva di come funziona il sistema nel suo insieme, dove sono disparità e fragilità”, che “dobbiamo accogliere come spia di un malessere che va valutato con altri strumenti“, ha aggiunto il ministro.
In generale, secondo Bianchi, quindi “abbiamo bisogno dei dati ma vanno presi con molta attenzione, avendo presente a cosa servano e qual è il contesto in cui sono stati raccolti. Non c’è da parte mia il mito del dato di per sé, né sono convinto che debbano governare le scelte: sono un supporto”.
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