Roger Abravanel è noto per le sue battaglie per la meritocrazia, considerata imprescindibile leva per lo sviluppo e per una maggiore giustizia sociale. Che si debba generalmente introdurre maggiore meritocrazia nelle istituzioni scolastiche italiane, è d’altronde opinione oramai condivisa da tutti; minore accordo vi è sulle modalità concrete, data la complessità del problema e delle implicazioni. Come confermano le discussioni non sopite, riaccese dalla Legge 107. Che è intervenuta in gran parte proprio su questioni ancora aperte quali: In che modo riconoscere il merito degli insegnanti? Fino che punto è corretto spingere il controllo ? Quali sono gli effetti virtuosi attesi ? Quali le garanzie, nel caso di inevitabili “disfunzioni”?
In un’ intervista su Corriere.TV , AbravaneI individua un valido esempio di meritocrazia nella Scuola Militare Teulié di Milano.
Prestigiosa istituzione del Ministero della Difesa, con a capo un colonnello dell’esercito che ricopre la funzione di dirigente scolastico e i cui docenti, provenienti dai ruoli del MIUR, sono scelti in base a uno specifico ulteriore concorso, dove vengono severamente valutati i titoli professionali e a seguito del quale sono posti a disposizione del Ministero della Difesa a tempo indeterminato. Una scuola d’élite rivolta a studenti di 3°, 4° e 5° anno dei licei classico e scientifico, provenienti da tutta Italia. Sicuramente meritevoli, se è vero che sono riusciti a superare la durissima selezione ricordata nell’intervista. Ma il merito e gli elogi dovrebbero andare innanzitutto alle scuole da cui provengono questi studenti e agli insegnanti che hanno contribuito a formarli nei 10 anni precedenti (se si parte dalla 1^ elementare).
Ancora maggiore enfasi viene posta sul sistema di reclutamento e soprattutto di controllo del corpo docente, sottoposto al vaglio del colonnello-preside. Un dirigente che finalmente ha la possibilità di “scegliersi la sua squadra” – sottolinea Abravanel – condizione imprescindibile per far funzionare egregiamente anche un’istituzione scolastica. E quindi propone – si capisce – questo modello da estendersi in tutte le scuole d’Italia. Incuriositi da tanta ammirazione, abbiamo pensato di andare a vedere più da vicino quello che succede nella celebrata Scuola Militare Teulié, effettivamente uno sbocco professionale a prima vista interessante per i docenti, se non altro per la possibilità che essa offre, di dedicarsi all’insegnamento senza tutti quei risvolti problematici derivanti dall’utenza sempre più indisciplinata e demotivata, che affliggono le altre scuole. Abbiamo così scoperto che ben 6 dei 16 titolati insegnanti che avevano affrontato e vinto, dal 2011 (anno nel quale sono stati riaperti i concorsi alla Teulié), il duro concorso per insegnare stabilmente alla Teulié (gli altri sono incaricati annuali), sono rientrati poi nei ruoli del MIUR, per cause non del tutto chiare.
La scuola ha inoltre altre indubbie peculiarità: non esiste il Consiglio d’Istituto, non esiste la RSU, non si vota e fino al 2014 non veniva neanche distribuito il fondo di istituto agli insegnanti, né esisteva un contratto di istituto. Una grave penalizzazione economica – soprattutto in costanza di blocco contrattuale – che in certi casi forse potrebbe essere la spiegazione del perché qualche docente, dopo aver fatto persino un concorso per entrare alla Teulié, abbia poi deciso di cambiare aria.
Ma siamo sicuri che si tratti sempre di una decisione spontanea? Abbiamo infatti saputo che la scuola è finita sotto la lente di alcuni sindacati, ci siamo informati ed abbiamo così meglio compreso cosa intendesse Abravanel nell’intervista, quando sottolinea che il dirigente “può farsi la propria squadra”. Infatti sembrerebbe proprio che la Scuola Militare rivendichi (ed eserciti … ) la potestà di unilaterale rimozione del docente non (più) desiderato ancorché titolato vincitore di specifico concorso.
Non ci avventuriamo in arditi pronunciamenti sulla legittimità della posizione. Che ci rimanda alle dispute che infiammarono l’opinione pubblica quando l’Università Cattolica destituì il prof. Cordero. Si arrivò allora ad una controversa sentenza della Corte Costituzionale, che però riconobbe il diritto a recedere dal rapporto (escludendo un conflitto dell’art. 38 del Concordato) solo per le seguenti motivazioni: “la libertà dei cattolici sarebbe gravemente compromessa ove l’Università Cattolica non potesse recedere dal rapporto con un docente che più non ne condivida le fondamentali e caratterizzanti finalità. Invero, il docente che accetta di insegnare in una università confessionalmente o ideologicamente caratterizzata, lo fa per un atto di libero consenso, che implica l’adesione ai principi e alle finalità cui quella istituzione scolastica é informata”(n°195/72). Ma la scuola Teulié non può essere assimilata all’Università Cattolica (essendo una istituzione statale). Inoltre la destituzione non può essere immotivata, dovendosi comunque accertare le eventuali situazioni di incompatibilità in base a un procedimento non arbitrario. Quello che vale per i presidi- sceriffi dovrebbe valere anche per i presidi-colonnelli ! E’ tuttavia su un altro piano – forse più interessante per Abravanel – che vorremmo porre infine l’accento.
Quali sono le garanzie di maggiore efficienza di un meccanismo simile? Perché i migliori insegnanti dovrebbero scegliere la Teulié se, non solo non hanno incentivi trasparenti, ma sono persino deprivati di alcune importanti tutele ? Quali saranno infine le virtù dei docenti che potranno permanere alla Teulié ? Vada per le infrazioni palesi, ma siamo sicuri che un colonnello dell’esercito, peraltro privo dell’esperienza di un ordinario DS, sia in grado di valutare docenti con fior di specializzazioni, titoli e comprovata esperienza acquisita in anni di encomiabile lavoro? E’ opportuna questa totale discrezionalità che potrebbe danneggiare studenti e famiglie, ingiustificatamente privati di validi insegnanti senza che se ne debba rendere conto (stante l’assenza di un consiglio di istituto) ad alcun rappresentante della comunità scolastica?
Dove va a finire la meritocrazia in questi casi? Ce lo spiegherà Abravanel nella prossima intervista.
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