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Scuola nel Sud Italia: diagnosi incerte e rimedi improbabili

Nel lungo articolo – sul sito lavoce.info e datato 17.01.2020 – “ Come ridare smalto alla scuola senza qualità del Sud”, Tito Boeri e Alessandro Caiumi effettuano diagnosi e ipotizzano terapie interessanti ma con alcuni punti deboli e omissioni. Vediamo e commentiamo.
I – Titolo di studio e livello di reddito dei genitori
La frase “Ciò permette di comparare i risultati di studenti c he hanno genitori con lo stesso titolo di studio e livello di reddito: anche in questo caso il Mezzogiorno mostra ritardi molto forti nei confronti del Nord” sembra in contraddizione con quella seguente; “Se da una parte questo è incoraggiante perché ci dice che la scuola al Sud può fare molto meglio anche senza aspettare la convergenza economica fra le due parti del paese”
Una delle due frasi contiene forse un errore.
Poi non sono indicate le percentuali di genitori con maggiore istruzione e reddito del Nord avvantaggiato e del Sud svantaggiato e come questa sicura asimmetria è stata considerata; potrebbe essere che l’avanzamento degli apprendimenti sia determinato dal gruppo maggioritario di studenti con pari livelli di istruzione e reddito.
II – Al solito dovrebbero provvedere in primis i docenti, non i ministri e i governi!
Nel paragrafo delle conclusioni – titolato “Che fare” – l’articolo esordisce: “Se la principale fonte dei problemi è la scarsa attenzione di padri e madri per quello che i figli imparano al di là del titolo di studio, il riscatto del Mezzogiorno non può che passare attraverso un impegno straordinario degli insegnanti nei confronti non solo dei propri allievi, ma anche dei loro genitori”.
Al solito, in questa situazione, come in diverse altre, vengono subito chiamati in causa i docenti, come se fossero gli unici o principali responsabili, colpevoli di omissioni e perciò tenuti a provvedere; nessuna chiamata in causa della buro-gerarchia (dai presidi ai ministri) che decide e dispone.
III – Capacità didattiche e abilità relazionali
Di seguito, nello stesso paragrafo “che fare”, possiamo leggere: “In Italia non abbiamo università che formano gli insegnanti e le procedure selettive valutano unicamente gli aspetti cognitivi – le conoscenze delle singole materie – ma non le capacità didattiche e le abilità non cognitive (determinazione, carisma, capacità di relazionarsi con i genitori)”.
È vero, finora i docenti le capacità didattiche e le abilità relazionali le hanno acquisite sperimentante sul campo, nelle classi, in modo artigianale, empirico e – sembra – in modo abbastanza valido; forse anche meglio di chi ora deve rivolgersi alle Università, a docenti solo teorici e senza pratica didattica in classe.
IV – Non esiste alternativa praticabile e-o migliore delle stabilizzazioni
Ancora nelle conclusioni di Boeri e Caiumi, leggiamo: “lo stesso giorno in cui venivano resi pubblici i dati ancora una volta deludenti sulla qualità dell’istruzione nel Mezzogiorno, la Camera ha approvato un decreto destinato a riempire fino a 70 mila posti vacanti da qui al 2022 soprattutto mediante stabilizzazioni automatiche di precari, sanatorie, riaperture di graduatorie e concorsi riservati. In altre parole, riservati a chi è già dentro la scuola e ha dimostrato nei fatti di non essere in grado di imprimerle quel salto di qualità di cui ha bisogno al Sud”.
Sorgono alcune domande; la prima: che ci facciamo con i precari più o meno storici della Scuole, con chi ha sopportato e investito anni con la prospettiva e la speranza di stabilità? la seconda domanda: esistono, chi sono e dove sono docenti migliori e-o con maggiore esperienza? terza domanda: chi ha certificato e censito l’incapacità di imprimere alla Scuola del Sud il salto di qualità diagnosticato e ritenuto necessario? quinta ed ultima: ma se – come detto sopra – “In Italia non abbiamo università che formano gli insegnanti ecc.” che senso ha volersela prendere con chi nel frattempo ha fatto quello che ha potuto fare?
V – Gli “insegnanti che hanno saputo fare la differenza”
La frase conclusiva dell’articolo sulla voce.info è: “Sarebbero invece necessari concorsi veri chiamando nelle commissioni d’esame quegli insegnanti che hanno saputo fare la differenza anche nel Mezzogiorno: loro più di chiunque altro conoscono la qualità di cui si ha bisogno per alzare la qualità dell’istruzione”.
E questi insegnanti “differenzianti” esistono, quanti sono? chi è che li ha individuati e come ha fatto? se sono ancora da individuare, chi dovrà provvedere? e loro sarebbero convinti e disponibili a realizzare l’ipotesi prospettata? e quanto tempo occorrerebbe?
VI – Limiti delle rilevazioni Ocse-Pisa e Invalsi
Tito Boeri e Alessandro Caiumi fanno continuo riferimento a dati e grafici di origine Ocse-Pisa e Invalsi, considerati inconfutabili o apodittici; è vero che non sono disponibili dati complessi di altre fonti, ma quelli citati non sono suscettibili di verifiche, anche perché queste sarebbero molto complesse e laboriose.
Va però osservato che i dati relativi ai punteggi medi per Matematica e Italiano hanno un andamento molto simile ai dati relativi al Pil pro-capite 2017; abbiamo infatti: Nord-Ovest 35.400 €, Nord-Est 34.300 €, Centro 30.700 €, Sud e Isole 18.500 €.
Vincenzo Pascuzzi
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