Educare attraverso l’emotività e farlo nelle scuole, veicolando temi sulla prevenzione (sesso non protetto, alcol, droga, per cominciare) grazie all’impegno civico di artisti che donano almeno un’ora del loro tempo alle scuole.
Il Fatto Quotidiano apre un bel dibattito per sconfiggere certi mali della società attraverso l’arte e la cultura, quella nobile della creatività.
Si comincia in pochi, chi suona una chitarra, chi canta, chi sa danzare, chi è attore, chi disegna (gente che lo fa anche di mestiere), chi sa trasmettere idee e valori con l’emozione.
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Si comincia in pochi, a piccoli passi. Si va a farlo nelle scuole, dove il momento della vita ha la sua delicatezza maggiore, dove sai di trovare i ragazzi e le ragazze che avranno in eredità qualcosa di peggio di come glielo stiamo lasciando noi dinosauri. Perché è facile farlo nei salotti deputati a giocare a “facciamo finta che…”, come un palco. Ma se non ci impegniamo a farlo dove serve di più, dove si va costruendo un futuro che altrimenti non si regge in piedi, dove il buono della scuola è fatto di persone che a dispetto di tutto ci credono e non mollano, se i valori che siamo bravi a decantare sul palco non li condividiamo sulle barricate delle scuole, giù da ogni piedistallo, a cosa serve?
Continuare, allargarsi, coinvolgere sempre più artisti, guidati da professionisti della prevenzione, arrivare a coinvolgere i ragazzi stessi, studenti che possano andare a loro volta nelle scuole ed emozionare i loro coetanei, sperando che il progetto possa esser replicato ovunque.
L’idea non è originale né complessa, ma emozionando può funzionare.