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Scuola senza voti, al liceo Morgagni di Roma l’esperimento prende piede. Gramellini entusiasta: “scuola non più esamificio”

A scuola senza voti? Possibile, al liceo Morgagni di Roma che ha iniziato sette anni fa l’esperimento in una classe e adesso ha esteso la pratica ad un’intera sezione. Un sistema rivoluzionario che sta dando soddisfazioni a genitori ed alunni, già due classi sono giunte al diploma con questa struttura sperimentale. La differenza con il sistema tradizionale? Le interrogazioni e le verifiche rimangono, ma senza una valutazione numerica. I docenti naturalmente spronano e correggono gli alunni, i voti vengono discussi in classe e appaiono alla fine del quadrimestre come norma impone.

Un progetto che prevede anche tanta collaborazione tra gli studenti che svolgono lavori di gruppo, tutoring e cooperazione learning. La risposta, seppur con un po’ di scetticismo all’inizio da parte di qualche genitore, è stata buona. Gli alunni si sentono più liberi di esprimersi e vivono con meno ansia il rapporto con la scuola.

Difficile ancora fare un confronto con la scuola tradizionale ma il sistema è diventato oggetto di studio all’università La Sapienza di Roma che sta monitorando da vicino il liceo Morgagni di Roma.

Gramellini: restituito alla scuola il ruolo di palestra formativa

Anche Massimo Gramellini ha espresso il suo parere sul ‘Corriere della Sera’:

“In questo mondo governato dal totem della competitività, una scuola che abolisce i voti condanna gli studenti all’emarginazione? Fino a ieri mi sarei risposto a malincuore di sì.

Poi ho letto il pezzo di Valentina Santarpia sulle sezioni sperimentali del liceo Morgagni di Roma, dove le interrogazioni si chiudono senza giudizio numerico. All’inizio ci sono state fughe e resistenze, ma dopo sette anni i risultati sembrano premiare la scelta: lungi dall’essersi trasformati nei ciuchini del Paese dei Balocchi, i diplomati col nuovo metodo sono riusciti a entrare nelle università più prestigiose.

Senza l’incubo del voto, hanno imparato a gustare nozioni che altrimenti avrebbero trovato indigeste e ad associare le parole «libro» e «museo» a esperienze piacevoli, restituendo alla scuola il ruolo di palestra formativa che le aveva assegnato Platone, non quello di mero esamificio a cui l’abbiamo da tempo ridotta.

So di toccare un tasto sensibile, che scuote pregiudizi fortemente incardinati dentro di noi, ma riconosco di essere rimasto colpito dalla frase della madre (felice) di un allievo: «La scuola deve farti venire voglia di apprendere e non paura di essere giudicato».

Il problema è che il modello dominante – quello dei talent televisivi basati sullo stress da giudizio perpetuo, in cui uno vince e tutti gli altri spariscono nell’anonimato – fa letteralmente a pugni con il progetto del Morgagni. È anche vero che da qualche parte bisognerà pur cominciare”.

Daniele Di Frangia

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