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Scuola senza voti: è giusto in teoria, ma la pratica è altra cosa

Nella sua risposta alla mia lettera sulla scuola senza voti Reginaldo Palermo centra il problema: fare in modo che un discente apprenda per il puro piacere di apprendere, un piacere fine a se stesso, a prescindere dalla gratificazione del voto.
Impresa assai difficile, perché nella vita moltissimo di quello che facciamo è finalizzato a qualcos’altro.
Non si dice forse che “neanche il cane muove la coda per niente”? E difatti – il Sig. Palermo dovrà darmene atto – sono ben pochi gli studenti che studiano solo per la soddisfazione di apprendere.

Per me – come per altri – il conseguimento di un bel voto è sempre stato una molla fortissima. E’ stata la motivazione che mi spingeva a rimanere a casa a studiare invece di uscire ed andare a divertirmi. Una cosa simile succede nel mondo del lavoro: se sono pagato bene rendo al meglio delle mie possibilità, ma se mi pagano una miseria è chiaro che agisco senza convinzione e quindi il risultato del mio lavoro non potrà essere esaltante.

Morale: in teoria posso anche concordare con quanto scritto da Palermo, ma la pratica – prima da studente e poi da insegnante – mi ha insegnato che molto spesso e molto volentieri la realtà è diversa.

Daniele Orla

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