La Scuola Senza Zaino, il modello didattico che mette l’accento sull’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dal presupposto che dall’allestimento del setting educativo dipendono sia il modello pedagogico-didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici, come si legge nel suo atto di nascita, compie 20 anni.
L’esperienza SZ, che nasce dall’esigenza di innovare radicalmente la scuola ispirandosi anche ai classici della pedagogia e dell’educazione, muove i suoi primi passo con la Giornata della Responsabilità promossa dall’allora direttore didattico del Circolo n. 7 del Comune di Lucca, Marco Orsi, nel 1998. Solo due anni dopo, nel 2000, sempre da Lucca partì l’iniziativa An Open Window, una finestra di 15 giorni durante la quale gli insegnanti avevano il compito di promuovere le modalità di lavoro della Giornata della Responsabilità. Nel 2001 Orsi propose ad un gruppo di insegnanti di allestire in aree di lavoro due classi pilota e di sperimentare una didattica nuova centrata sull’uso di una molteplicità di strumenti didattici. Da Lucca alla creazione di una rete ci sono voluti davvero pochi anni, e da 10 anni esiste anche l’Associazione Senza Zaino – per una scuola comunità.
La necessità di ripensare l’aula tradizionale per promuovere il valore pedagogico dell’ambiente, quello dell’ospitalità e quello della responsabilità è il vero motore del movimento, che puntaospitare” appunto, la varietà delle intelligenze e degli stili cognitivi degli allievi, per dar vita ad una scuola davvero inclusiva, progettata per tutti. Gli spazi dell’aula e della scuola sono organizzati per concretizzare l’idea di Comunità e permettere l’incontro e il lavoro condiviso dei docenti e degli allievi, per cui la scuola diventa un sistema di relazioni e una comunità di pratiche: Una comunità educante, nel continuo scambio di conoscenze tra docenti e allievi; l’apprendimento è “situato” e sociale: non appartiene più ai singoli, ma è patrimonio posseduto all’interno della cornice più ampia di cui essi fanno parte.
Dopo 20 anni le scuole SZ sono una realtà nazionale estesa e in crescita: sono infatti circa 300 quelle che sono già parte della rete, una trentina quelle in attesa di entrare e 640 i plessi. In Toscana esiste il progetto “100 Scuole Senza Zaino in Toscana.
Abbiamo chiesto a Matteo Uggeri, che si occupa di e-Learning e innovazione dell’apprendimento, per la Fondazione Politecnico di Milano, genitore, la sua opinione su SZ.
Quali sono i valori pedagogici di SZ che maggiormente coinvolgono le famiglie?
Il modello SZ è fondato sui valori dell’Ospitalità, della Responsabilità e della Comunità, valori che, nella sostanza si traducono anche, ad esempio, in diverse modalità di valutazione (vedi il manifesto SZ “Per una Scuola Senza Voto – https://www.senzazaino.it/blog/una-scuola-senza-voto-51.html). Si parla di comunità scolastica, quindi di un consesso di persone che coinvolge, anche in termini decisionali, anche i genitori. In SZ, ogni comunità scolastica costruisce e redige il proprio planning: un documento progettuale collegato al PTOF dell’Istituto che elenca e descrive nel dettaglio le attività, le caratteristiche e gli eventi specifici della singola scuola e che permette ai docenti, agli alunni e ai genitori di visualizzare gli impegni condivisi per l’anno scolastico.
In termini molto terra terra, la possibilità di condividere le attrezzature scolastiche e la cancelleria, ridurre e selezionare i materiali di testo, così da lasciare a scuola, fisicamente e metaforicamente, molti dei “fardelli” del processo di apprendimento, ricade – positivamente – sui genitori. Mia figlia di 8 anni esce da scuola al venerdì con uno zaino che pesa letteralmente quanto lei e che io stesso non posso portare per i miei problemi di schiena. Sembra un discorso banale, ed all’interno del movimento SZ è in effetti marginale, ma pure questo conta comunque moltissimo.
Perché una scuola dovrebbe aderire a SZ?
Alle conferenze internazionali sull’innovazione scolastica ricorre una vignetta che mostra un’aula scolastica degli inizi del ‘900 e una odierna. Accanto c’è lo stesso tipo di confronto visivo-temporale con una sala operatoria. Inutile dire che la seconda è cambiata radicalmente, mentre la prima è sostanzialmente uguale. Sì, oggi c’è la LIM, ed in alcune classi si usano tablet e robotica, ma sono gli spazi della didattica che vanno ripensati, aggiornati, secondo modelli che – a dirla tutta – non sono così nuovi ma affondano comunque le radici in quello montessoriano. La scuola Senza Zaino prevede la possibilità di disporre i banchi a ‘isole’ o in modalità agorà, a cerchio, per dei momenti laboratoriali, di confronto, di apprendimento collaborativo.
Non sono un esperto di Scuola Senza Zaino, ma credo di poter dire di esserlo di innovazione didattica, anche digitale. E in un contesto come quello attuale, a maggior ragione dopo la scossa data dal Covid, la scuola deve riorganizzarsi, ridefinirsi.
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