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Scuola, si preannuncia un autunno caldissimo

Il mondo della scuola si avvia a vivere un mese di proteste e mobilitazioni contro i tanti problemi che affliggono l’istruzione italiana. 
La prima protesta sarà quella degli studenti vicini alla sinistra giovanile che il 12 ottobre si raduneranno in oltre 100 città per chiedere l’applicazione della carta d’impegni sulla scuola pubblica che lo scorso 17 novembre il ministro Fioroni aveva sottoscritto.
Il giorno dopo, sabato 13, scenderanno in piazza studenti di Azione studentesca per dire soprattutto no a quel sistema dei debiti che il Ministero ha voluto rendere legge già dall’anno scolastico in corso per trovare immediato rimedio ad un modello dei recuperi che scricchiolava su tutti i fronti; ora però gli studenti, sia quelli facenti capo alla Destra che alla Sinistra, chiedono all’unisono che il provvedimento venga ritirato perché a loro parere sposterebbe il problema, sulla testa dei diretti interessati, senza affrontare i veri nodi.
Anche i sindacati faranno sentire la loro voce: martedì 16 ottobre lo Snals-Confsal radunerà in piazza propri iscritti “Per cambiare la Finanziaria 2008”; il 27 ottobre sarà la volta di Confederali e Gilda con lo sciopero generale; il 9 novembre una mobilitazione analoga è stata organizzata dai Cobas. 
La lunga tornata di proteste si concluderà il 17 novembre con la mobilitazione internazionale degli studenti “per l’accesso al sapere” indetta ormai ogni anno a seguito del Social Forum di Nairobi.
Ma a cosa si deve tanto malcontento attorno alla scuola?
Sicuramente i motivi della protesta, pur non riconducendosi ad un unico denominatore, individuano nella politica del Governo la causa dei tanti problemi dell’istruzione. Gli operatori e i fruitori della scuola si sono visti infatti disattendere gli ultimi accordi presi con le istituzioni. 
Gli studenti si chiedono, ad esempio, per quali motivi gli impegni presi il 17 novembre del 2006 non abbiano mai trovato attuazione: in quell’accordo il responsabile di viale Trastevere “ci aveva garantito – spiega Roberto Iovino coordinatore dell’Unione degli Studenti – una serie di interventi migliorativi: il diritto allo studio, maggiori diritti per gli studenti, più investimenti per la scuola pubblica e un coinvolgimento attivo per noi studenti nelle politiche del Governo”.
Alle premesse non concretizzate si sono aggiunti una serie di recenti provvedimenti che non convincono gli stessi studenti: “Non ci piace ad esempio – continua Iovino – l’apertura del Consiglio d’Istituto alle imprese, il cospicuo finanziamento delle scuole private, l’inasprimento delle sanzioni nello statuto degli studenti e la negazione dell’ampliamento dei nostri diritti”.
Gli studenti si sentono anche poco coinvolti nelle politiche che decidono le sorti scolastiche: rivendicano uno statuto dei diritti per chi viene sfruttato negli stages, una carta degli studenti per agevolarli nell’accesso ai consumi culturali e una seria revisione della normativa sulla rappresentanza. 
Quelli universitari chiedono poi l’abolizione del numero chiuso e la possibilità di far frequentare gli atenei prescindendo dalle possibilità economiche. Pure gli studenti accademici si sentono in qualche modo sottomessi ad una politica che premia la selezione formativa e che non tutela i ceti meno abbienti.
In effetti, analizzando un po’ tutte le azioni di protesta, ci si accorge che a preoccupare il mondo dell’istruzione italiana è il capitolo degli investimenti: studenti e sindacati sono non poco preoccupati per come sono andate le ultime leggi Finanziarie.
I timori che la linea non sia cambiata sono tanti: il documento economico di fine anno, la cui prima bozza è stata già presentata un paio di settimane fa, non sembrerebbe sposare nemmeno l’accordo sulla Conoscenza stipulato in primavera dai sindacati con il Governo. 
Ed è per questo che le stesse organizzazioni sindacali, a pochissimi giorni dall’intesa sul contratto di categoria, hanno deciso di mobilitarsi: in ballo ci sono gli arretrati ancora da definire, gli investimenti da attuare e tanti problemi che senza fondi rischiano di affossare tutto il sistema scuola.
Alessandro Giuliani

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