Le dichiarazioni del ministro Giannini in merito al “buco dell’ozono”che si crea nel percorso formativo degli studenti a causa dei tre mesi di vacanze estive sta già alimentando polemiche a non finire.
Per una volta, però, ci sia consentito dissentire dalle polemiche “a prescindere”.
Proviamo innanzitutto a leggere attentamente cosa ha detto il Ministro: “Il tempo non è solo un fatto culturale ma anche legislativo: servono visione e soldi. Pensate al buco nell’ozono che si crea tra il 9 giugno e 5 settembre, più o meno. Questo non significa che la scuola deve diventare una babysitter, lungi da me. Però, sono stata in Israele una settimana fa e mi hanno raccontato di questo straordinario ministro della scuola che sta cercando di fare una grande riforma: il principio è dare alla scuola anche il tempo estivo. In modo che gli studenti possano recuperare quella dimensione lì, il campus, creare quel senso di comunità che allora ti motiva anche come insegnante. Ti senti portatore di un progetto educativo. Il tempo è categoria fondamentale, come lo spazio”.
Fin qui, mi pare che non ci sia nulla di riprovevole, né credo si possa parlare di attacchi al contratto di lavoro o ai sacrosanti diritti dei docenti.
La Giannini è andata anche oltre: “Un’idea di Renzo Piano su cui stiamo ragionando e che trovo, nella sua semplicità, geniale è che la scuola abbia uno spazio dedicato all’apertura verso l’esterno, con l’ambiente, con la città. Un piano terra in cui tu non hai nulla, né aule né studio dei professori, ma ambienti in cui c’è tempo e spazio per un contatto con la comunità”.
Messa in questi termini non si può che essere d’accordo: tenere aperte le scuole per 300 giorni all’anno in modo da trasformarle in luoghi di incontro, d sviluppo della socialità e così via. E se vogliamo esagerare: scuole con biblioteche fruibili, sale per l’ascolto della musica (o meglio ancora per la produzione di musica), e molto altro ancora.
L’idea, insomma, è assolutamente eccellente.
Ci sono solo alcuni piccoli “particolari” che forse il Ministro ha trascurato: in una città come Firenze (citiamo a caso, se ne potrebbero menzionare a centinaia) nei mesi di luglio e agosto la temperatura media sta sui 35 gradi, spesso si superano i 40.
Domanda: chi sta a scuola a quelle condizioni?
Inoltre, le dotazioni di biblioteche e sale di registrazione costano qualche soldo, ipotizziamo pure un investimento di un miliardo di euro all’anno: quanto tempo occorrerebbe per adeguare almeno il 30% delle scuole italiane?
Altra piccolissima questione: durante il periodo estivo docenti e Ata fruiscono di ferie (di quelle ferie, tra l’altro, di cui non hanno potuto beneficiare in corso d’anno pur avendone contrattualmente diritto).
E allora: con quale personale si terranno aperte le scuole?
L’idea della Giannini è straordinaria e apprezzabile, peccato che per realizzarla ci vorrebbero almeno due alcune condizioni: l’Italia dovrebbe essere collocata intorno al sessantesimo parallelo, la quota di PIL destinata al sistema di istruzione dovrebbe aggirarsi almeno intorno al 6%. Per come stanno andando le cose nel nostro Paese ci sembra che l’unica cosa in cui si possa sperare è una poderosa accelerazione dei movimenti delle placche continentali che spostino l’Italia di almeno 15-20 paralleli più a nord. Perché di portare la spesa al 6% del PIL non vediamo proprio nessuna possibilità.
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