Nell’ultima settimana si è ampliata la polemica scuole aperte/scuole chiuse, con Regioni che prorogano la Dad al 100%, con sentenze contraddittorie della giustizia amministrativa, e un nuovo parere del Cts, che va letto nella sua interezza e non solo nei titoli dei giornali.
Il 17 gennaio, alla vigilia della ripresa delle lezioni in presenza in alcune regioni, il Comitato tecnico scientifico, convocato d’urgenza dal ministro Speranza, ha ribadito che la linea da seguire è quella di un ritorno in presenza tra il 50 e il 75 per cento, secondo le disposizioni del Dpcm del 15 gennaio. Tuttavia, ha anche osservato che ci sono delle differenze tra i territori nel livello di contagio, per cui, alla fine, la responsabilità e le modalità dell’apertura sono degli enti locali.
Sono state le Regioni stesse a sollecitare un parere del Cts nazionale per gestire al meglio la situazione e non trovarsi in balia dei Tar, che talvolta danno ragione, talvolta torto alle ordinanze regionali.
Quali sono allora i criteri da seguire? Proviamo a riepilogare i punti fermi.
I presidenti di regione hanno il potere di emanare ordinanze contenenti misure di contrasto all’epidemia nei propri territori. Nel corso del 2020, più di un decreto legge ha riconosciuto questo potere di derogare, sia in peius che in melius, alle limitazioni delle libertà adottate con i Dpcm. L’ultimo decreto legge 7 ottobre 2020, n. 125, ha lasciato però solo la possibilità di misure più restrittive e non ampliative.
Il Comitato tecnico scientifico, che da sempre esprime una posizione favorevole alla riapertura della scuola, ha ribadito l’importanza del ritorno in classe per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Ma ha anche messo a verbale, come riferisce il giornale Repubblica, che “l’attuale incremento registrato dell’incidenza di nuovi casi è stato comunque contenuto grazie alle misure di mitigazione adottate, pur osservandosi una significativa differenza tra le realtà regionali, alcune delle quali connotate da elevata circolazione virale”. Insomma il Cts ha riconosciuto chiaramente che non ci possono essere provvedimenti applicabili tout court all’intero territorio nazionale in situazioni diverse, per cui “la responsabilità delle aperture degli istituti scolastici è di competenza degli enti territoriali e locali”.
Obbligo di motivazione e dati scientifici per i provvedimenti regionali
A questo punto, poiché la palla è nelle mani delle Regioni, per specifici adattamenti di contenimento della circolazione del virus e per eventuali restrizioni sull’apertura delle scuole, quali criteri bisogna seguire per mettersi al riparo dalle sentenze dei Tar?
Basta andare a leggere le sentenze di cui abbiamo notizia, che sembrano apparentemente in contrasto da regione a regione, per capire che c’è un unico filo conduttore, un’unica ratio: la necessità di una congrua motivazione supportata da dati di monitoraggio scientifici, trasparenti e aggiornati. Dove le regioni hanno fatto delle ordinanze con adeguata istruttoria e motivazione, la giustizia amministrativa ha sempre bocciato i ricorsi. Non basta un generico richiamo al principio di precauzione, ma bisogna fornire un adeguato supporto tecnico scientifico.
Un esempio è la sentenza n. 6453/2020 con cui il Consiglio di Stato ha rigettato un ricorso presentato in Campania, uno dei tanti ricorsi simili presentati in varie parti d’Italia. La sentenza poggia su tre pilastri: a) la necessità di “ponderazione comparata degli interessi in contrasto”, vale a dire la salute e l’istruzione; b) il fatto che “non è in discussione, in presenza di istruttoria conforme ai principi di attualità e completezza, il potere di ciascun presidente regionale di adottare provvedimenti più restrittivi rispetto a quanto il Dpcm prevede per la zona di rischio in cui la Regione è inserita”; c) i dati di supporto all’ordinanza devono essere congrui. Il Consiglio di Stato indica comunque un principio cui le ordinanze regionali dovranno attenersi, sottolineando “il dovere dell’Amministrazione di rendere conoscibili i dati scientifici nella loro interezza, con gli aggiornamenti giornalieri e con le indicazioni scientifiche prognostiche del minor impatto-contagio dovuto alla sospensione in presenza dell’attività didattica”.
È evidente che in questa situazione così difficile sarebbe meglio evitare polemiche più d’impatto mediatico che di sostanza. La prudenza suggerisce di restare sempre ben attenti alle norme, alle motivazioni, agli ambiti delle rispettive competenze.
Se è vero che il Cts ha detto/ripetuto “Il ritorno in aula non è più procrastinabile per il grave impatto sull’apprendimento”, come riecheggiato immediatamente dai media, è anche vero che bisogna valutare le situazioni territoriali, come risulta dal verbale, se letto nella sua interezza. L’importante è che le decisioni delle autorità regionali siano mirate e calibrate, fondate su dati verificati e monitoraggi precisi.
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