Sulle scuole aperte d’estate il ministro dell’Istruzione insiste: è “un progetto importante che va incontro alle esigenze sul territorio”.
Secondo Giannini, si tratta di iniziative, che hanno ragione di esistere soprattutto “nelle aree più difficili”, perché “dare un’alternativa alla strada nei mesi in cui la scuola non accoglie bambini e ragazzi è una cosa straordinariamente importante e bella”.
All’indomani dell’annuncio dal Giappone, il responsabile del Miur, tornato a Viale Trastevere, ha ribadito che ci sono già i fondi a disposizione per il progetto: sono stati stanziati, dice a margine di un’iniziativa al ministero dell’Istruzione, “10 milioni per l’estate, a partire dalle quattro città a maggiore intensità di rischio. Poi si passerà ai fondi europei. Non sarà un’iniziativa spot (il riferimento è ai sindacati che hanno bollato in questo modo la sperimentazione ministeriale n.d.r.), ma un percorso che dura per anni e per il quale sono stati stanziati 120-140 milioni. È difficile fare polemica su questo”.
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Intanto, altre organizzazioni sindacali continuano ad esprimere il loro dissenso. Per un progetto che, sostengono, “mescola” con troppa superficialità la formazione scolastica con la funzione sociale. Che le scuole possono e devono avere, però tenendo distinti i due piani. E coloro che vi operano.
Come già riportato su questa testata, per la leader della Cisl Scuola, Lena Gissi, “si può anche immaginare un’area di servizi aggiuntivi svolti da altri soggetti, a partire dagli Enti Locali, in un contesto di collegamento e di progetti coordinati, in cui la scuola dell’autonomia sia messa in condizione di esprimere le sue potenzialità e il suo protagonismo (come del resto da tante parti già avviene) anche perché attivamente sostenuta dalle istituzioni territoriali e dalla comunità locale”, ma si tratta di “sfide complesse che esigono adeguati investimenti di risorse e di intelligenza: non se ne faccia solo l’ennesima occasione per qualche uscita estemporanea, destinata ad alimentare attese che non si sa quanto potranno essere soddisfatte, o a suscitare la comprensibile preoccupazione di chi teme di vedersi caricare sulle spalle l’ennesimo fardello”, ha concluso Gissi.
Meno critica si dice invece l’Aduc, secondo cui va pure bene tenere le scuole sempre aperte, ma a patto che diventino diverse da quelle di oggi, “dove i ragazzi non vedono l’ora di andar via”.
“Se si vuole uscire dall’ambito di un dibattito puramente didattico e tendenzialmente indirizzato verso la ricerca di parcheggi a basso costo per i bambini, quello a cui si deve pensare è una rivoluzione che parta da tre presupposti: i soggetti principali che devono trarne vantaggi sono gli alunni; la didattica deve subire un miglioramento/cambiamento; le strutture devono essere all’altezza della situazione”.
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