Quali obblighi hanno gli insegnanti nei giorni di sospensione delle attività didattiche per via del pericolo di contagio del Coronavirus? Quando sono tenuti a presentarsi a scuola? Devono rispondere ad eventuali convocazioni straordinarie del dirigente scolastico per la gestione dell’emergenza o anche per realizzare progetti di studio via web? Sono le domande che si stanno ponendo molti degli insegnanti delle regioni “non rosse”, quelle prive di focolai di contagio.
Alcuni di loro, subito dopo la decisione del Governo di fermare le lezioni sino al prossimo 15 marzo, hanno ricevuto una convocazione a scuola da parte del loro dirigente scolastico.
Nella versione semi-difinitiva del punto g) dell’articolo 1 dell’ultimo Dpcm di contrasto al Covid-19, c’era scritto che “i dirigenti scolastici, sentito il collegio dei docenti, attivano, ove possibile e per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”.
Poi, però, nella versione finale del punto g) art. 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, l’inciso “sentito il collegio dei docenti” è sparito.
Di questo e altri temi relativi alla sospensione delle lezioni almeno fino al 15 marzo, abbiamo parlato con Mario Rusconi, presidente Anp Lazio.
Rusconi, la sospensione delle attività didattiche comporta l’obbligo di presenza a scuola del personale Ata e dei presidi. Per i docenti, quali vincoli vi sono?
Per il corpo insegnante, la sospensione delle lezioni non comporta obblighi di presenza fissa a scuola. A meno che non vi siano delle riunioni prefissate in precedenza, sempre che non siano state posticipate. Oppure, possono essere convocati dai dirigenti scolastici, ad esempio per organizzare le attività previste dal Dpcm del Governo.
Parliamo di didattica on line: i docenti possono essere obbligati ad attuare questo genere di lezioni?
No. Tuttavia, in questi giorni gli insegnanti hanno la possibilità effettiva di sperimentare le attività telematiche. Potrebbero anche utilizzare le due pagine web messe a disposizione dal ministero dell’Istruzione dedicata alla didattica a distanza, proprio per andare incontro alle scuole chiuse per il rischio del contagio da Cronavirus: centinaia di istituti si sono detti pronti a gemellarsi con gli istituti chiusi. Inoltre, è possibile fruire di una ventina di ore di webinar, predisposte dall’Indire.
Lei crede che istituti e docenti aderiranno?
Lo spero. Sono convinto che da questa situazione difficile possano emergere delle opportunità di miglioramento: gli insegnanti possono, in particolare, avvantaggiarsi sulla preparazione in ambito digitale.
Possono. E non devono…
Certamente. Sarebbe tuttavia giunto il momento che buona parte degli insegnanti acquisisca un discreto livello di competenze digitali: non dico i sessantenni, quasi alle soglie della pensione, ma gli altri devono necessariamente adeguarsi alla tecnologia che avanza.
Alcuni insegnanti, si sono già detti contrari a queste pratiche a scuole chiuse o ad attività didattiche sospese.
L’importante è che ragionino con la loro testa. Senza farsi abbindolare da certe chimere sindacali, come è accaduto in Trentino.
Ma ha fatto bene il Governo a fermare la didattica e a tenere lontano da scuola otto milioni di alunni?
Se queste sono le indicazioni degli epidemiologi e non della politica, credo di sì: ha fatto bene. Stiamo parlando di un’epidemia con conseguenze gravi, soprattutto se non affrontata nella dovuta maniera. Inoltre, diversi virologi ci hanno detto che probabilmente il picco dei casi si sarebbe verificato verso il 5 marzo, quindi ci siamo.
Cosa si aspetta dalle scuole in questi giorni di chiusura?
Credo che debbano trovare il modo per non perdere contatto con gli alunni: il danno che provoca la mancanza delle lezioni per settimane, come sta accadendo nelle zone ‘rosse’, è enorme. Ecco perchè è bene che si utilizzino tutte le tecnologie a disposizione, proprio per mantenere un minimo di crescita e di confronto con gli allievi costretti a rimanere a casa.