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Scuole chiuse o accorpate per pochi iscritti, l’Emilia-Romagna si ribella: Roma ha sbagliato i conti

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Sull’accorpamento e cancellazione delle scuole con sempre meno iscritti, il cosiddetto dimensionamento, si sta creando una situazione di tensione tra alcune Regioni e il ministero dell’Istruzione e del Merito: lo “strappo” maggiore arriva dall’Emilia-Romagna, dove la giunta regionale ha deciso di non procedere con i tagli e accorpamenti che l’amministrazione centrale gli aveva imposto a seguito della sparizione, a seguito della denatalità, di circa 10 mila di iscritti.

Il ‘no’ della Regione è stato giustificato dal fatto che i tagli ravvisati dal dicastero di Viale Trastevere sarebbero stati “basati su conteggi da parte del ministero dell’Istruzione che non corrispondono ai numeri reali di studentesse e studenti attualmente frequentanti gli istituti emiliano-romagnoli”.

La nuova Giunta regionale ha quindi scelto, in via cautelativa, di sospendere qualsiasi accorpamento delle autonomie scolastiche: lunedì prossimo, scrive l’Ansa, formalizzerà le proprie motivazioni.

“La riduzione delle autonomie scolastiche voluta dal Governo – si legge in una nota del presidente della Regione, Michele de Pascale, e dell’assessora alla Scuola, Isabella Conti, – è una misura di spending review per ridurre il numero di dirigenti scolastici e di personale Ata che si basa su una previsione di una progressiva riduzione del numero degli studenti. Ma i recentissimi dati delle iscrizioni degli studenti che hanno iniziato l’anno scolastico a settembre – aggiungono – ci dicono già che le previsioni del Governo sono errate: quest’anno, in regione abbiamo 531.037 studenti, quasi 10mila in più della previsione ministeriale che, al contrario, aveva previsto 10mila studenti in meno e su questa previsione basava i tagli alla scuola”.

Secondo de Pascale e Conti, “eseguire in modo acritico delle indicazioni fondate su numeri sbagliati significherebbe mettere a rischio l’accesso al diritto allo studio e minare la qualità della nostra scuola, penalizzando le nostre ragazze e i nostri ragazzi”.

“Sostenere che grazie a questa legge il territorio ha la possibilità di tenere aperte le scuole in montagna o nelle aree interne – concludono presidente e assessora regionale – sta in piedi se ci sono reali margini di manovra e numeri corrispondenti alla realtà: se succede il contrario, si impedisce di fatto proprio la tutela delle piccole scuole, nei territori fragili”.

Staremo a vedere se nei prossimi giorni vi sarà una replica dal ministero dell’Istruzione, ma è probabile che la vicenda non finisca qui: se il Ministero dovesse accettare supinamente il “rifiuto” dell’Emilia Romagna nel cancellare classi, plessi e scuole, si verrebbe infatti a creare un precedente che potrebbe indurre altre Regioni a fare la stessa cosa. E in questo modo andrebbero in fumo i piani pluriennali di riorganizzazione, oltre che di riduzione delle spese per l’Istruzione in rapporto al Pil, prodotto  nell’ultimo periodo dal Governo basandosi sulla tendenza reale di riduzione progressiva delle nascite e quindi delle iscrizioni a scuola.