Sale l’attesa per il nuovo Dpcm: nelle prossime ore il presidente del Consiglio Conte firmerà il nuovo testo con le restrizioni per contrastare l’emergenza covid-19.
Anche la scuola resta in attesa di conoscere nel dettaglio come proseguire, anche se in coro negli ultimi giorni, in molti hanno ribadito: “Non chiudete le scuole”. Ciò però non può bastare. Tutto dipende dall’evoluzione dell’Rt.
A rimarcare il concetto è Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts): “In determinate condizioni e per periodi limitati, per ridurre il valore Rt in salita è possibile pensare, senza che si pongano opposizioni rigide e valutando varie soluzioni, all’interruzione della didattica in presenza“.
Locatelli ammette che “far ripartire la scuola è stato uno dei successi del Paese. La scuola è necessariamente uno degli aspetti maggiormente da tutelare non solo perché forma la conoscenza ma perché forma i cittadini di domani. Bisogna quindi far di tutto per mantenerla aperta, ma in determinate realtà territoriali e in determinati contesti epidemiologici, dove il valore dell’indice Rt può generare un’inquietudine particolare occorre avere la flessibilità e l’elasticità di considerare i provvedimenti che impattano sull’attività scolastica”.
“Si è già incrementata la didattica a distanza, ma si stanno facendo ulteriori ragionamenti in questa direzione: l’obiettivo è tutelare chi frequenta e opera nelle scuole“, ha aggiunto il presidente del Consiglio Superiore di Sanità.
L’interruzione della didattica in presenza è già prevista per le scuole secondarie di secondo grado: in base a quanto riferito dal premier Conte in Parlamento, per le scuole superiori si potrà attivare, su tutto il territorio nazionale, la didattica distanza al 100%.
A queste indicazioni si dovrebbero affiancare quelle specifiche di ogni zona contrassegnata dal livello di rischio: le zone rosse dovrebbero prevedere misure ulteriormente restrittive, anche per la scuola.
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