In netta controtendenza con la posizione sindacale che plaude alla chiusura delle scuole (formalmente si tratta di sospensione delle attività ma di fatto le scuole hanno cessato di funzionare come luoghi di apprendimento e socializzazione), i Cobas, in un comunicato di queste ore, parlano esplicitamente di attacco al diritto all’istruzione.
“L’aumento della disuguaglianza sostanziale – sostengono i Cobas – sarà determinato anche dalla perdita di tanti giorni di scuola, che avrà effetti negativi per tutti gli studenti, ma soprattutto per quelli economicamente e socialmente più deboli, anche ma non solo gli alunni diversamente abili, nonostante le rassicurazioni del governo sulla didattica a distanza”.
In realtà, sottolinea il portavoce nazionale Piero Bernocchi, obiettivo del provvedimento “è soprattutto quello di dilungare nel tempo la diffusione del contagio, spalmando su un tempo più ampio il picco e riducendone l’altezza, per renderlo più sostenibile per il sistema sanitario ed è di fatto un’ammissione degli effetti pesantemente negativi sul sistema sanitario delle politiche di regionalizzazione”.
Secondo i Cobas il Paese è in una situazione drammatica poiché “le politiche neoliberiste perseguite negli ultimi decenni costringono di fatto il governo a scegliere tra diritto alla salute e diritto all’istruzione e a sacrificare quest’ultimo in modo significativo e per un tempo imprevedibile”
Piero Bernocchi sostiene che, poiché non c’è alcuna certezza che la sospensione delle attività didattica sia efficace nel rallentamento del contagio, se si vuole sperare che si raggiunga lo scopo della sostenibilità per il sistema sanitario sono indispensabili ben altre misure a partire da “massicci e rapidissimi investimenti nelle strutture per la terapia intensiva e per la rianimazione su tutto il territorio nazionale e in particolare al Sud che ne è poverissimo” e dalla “requisizione momentanea di tutte le strutture private adeguate a tale bisogna”.
I Cobas osservano anche che “la chiusura delle scuole provocherà inevitabilmente anche un’estensione della psicosi collettiva e del panico diffuso, con conseguenti ulteriori effetti negativi sull’economia reale e sulla vita sociale”.
“Essa convincerà anche i più scettici che la situazione stia davvero precipitando. E anche dove non ci sono focolai, tantissime persone, ancor più di quanto facevano fino a ieri, eviteranno anche di uscire per andare al cinema, a teatro, nei ristoranti o per riunirsi anche in poche decine”.
Ma in gioco, sottolineano i Cobas, non c’è solamente la tenuta delle piccole attività di ristorazione, accoglienza, ospitalità, artigianato, commercio, produzione e diffusione alimentare.
“Devastanti – conclude Bernocchi – rischiano di essere anche gli effetti sociali, con la spinta ad evitare o a rimandare tutti le iniziative che vedono la partecipazione di un numero significativo di persone. Non si tratta solo delle partite di calcio o dei corsi di formazione, ma anche manifestazioni, riunioni, insomma tutto ciò che è il sale dell’agire collettivo, con il rischio di un dominio non contingente dell’io rispetto al noi, con effetti negativi soprattutto per i soggetti economicamente e socialmente più deboli, come ci insegna il principio costituzionale dell’uguaglianza sostanziale”.
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