Dopo il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e il premier, Mario Draghi, anche la Chiesa prende posizione favorevole sulla necessità di fare di tutto per mantenere le attività didattiche in presenza: chiudere le scuole, in sostanza, sarebbe drammatico. Lo si apprende da un documento della Pontificia accademia per la Vita – dal titolo “La pandemia e la sfida dell’educazione. Bambini e adolescenti al tempo del Covid” – nel quale si dice in modo netto che la chiusura degli istituti deve essere considerata “l’ultima ratio“.
“La Chiesa Cattolica, a partire dall’esperienza della pandemia – c’è scritto nel documento prodotto da quello che potremmo definire il dicastero del Vaticano – indica l’urgenza di rimuovere pesanti ostacoli che impediscono un sano e positivo inserimento dei bambini e degli adolescenti nella società, e che siano create tutte le condizioni perché questo avvenga”.
Per la Pontificia accademia per la Vita, “i ragazzi devono frequentare la scuola. Lasciamo che i bambini vadano a scuola, è il rinnovato appello che nasce dal tempo della pandemia”.
E ancora: “Lasciamo che la scuola sia un ambiente sano – si legge nelle conclusioni del documento – dove si apprendano il sapere e la scienza del vivere insieme e delle relazioni. Lasciamo che i più piccoli abbiano buoni maestri, attenti ai talenti di ciascuno e capaci di pazienza e di ascolto”.
È tutto dire che nel documento sia presente anche uno specifico paragrafo sulla necessità di “aprire il più possibile le scuole”. “La scelta di chiudere le scuole – si legge -, operata con modalità e tempi diversi nel mondo, è stata motivata dalla comunità scientifica con la necessità di evitare la diffusione del contagio nelle comunità”.
“L’esperienza di precedenti epidemie ha dimostrato l’efficacia di questa misura nell’ottenere un controllo dell’infezione e un appiattimento della curva del contagio”.
“D’altra parte – si legge ancora -, non si può non sottolineare la gravità di una tale misura, che dovrà in futuro essere considerata solo l’ultima ratio da adottare in casi estremi e solo dopo aver sperimentato altre misure di controllo epidemico quali una diversa sistemazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dell’organizzazione dell’intera vita scolastica e dei suoi orari”.
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