L’evo pandemico non sembra, nonostante gli sforzi comuni delle autorità pubbliche, sanitarie e della popolazione, concludersi adeguatamente al fine di far ripartire le economie e favorire una rapida regressione ad uno stile di vita pre-pandemico, normale, anche per studenti e docenti, vincolati da isolamenti, norme e dispositivi di protezione. La fase endemica attuale del Sars-CoV-2 è di certo un grande passo biologico raggiunto dalle varianti virali, le quali risultano più infettive ma meno letali, ma il numero di decessi, in particolare in Occidente, non sembra attenuarsi tra le fasce deboli della popolazione.
Ciò, specie nelle scuole, fa rimanere il livello d’attenzione piuttosto elevato, nonostante le norme dispositive abbondino di “non obbligatorietà” dei dispositivi di protezione. L’innalzamento medio dei contagi dovuto alla stagione invernale è parallelo, in Africa continentale, con la diffusione di un ceppo Ebola piuttosto virulento, con annesse chiusure dei già limitati plessi scolastici a disposizione.
Potrebbe sembrare che il Natale stia arrivando in anticipo per gli studenti in Centro Africa, dato che milioni di loro sono rientrati anticipatamente a casa per godersi le vacanze natalizie già dallo scorso 25 novembre. Ad annunciarlo sono i rispettivi Ministeri dell’Istruzione di Uganda, Repubblica Centroafricana, Congo democratico e non. Eppure la decisione di chiudere le scuole a livello nazionale due settimane prima della fine del trimestre è stata avanzata al fine di prevenire la diffusione dell’Ebola, che nello scorso decennio causò il decesso di centinaia di migliaia di individui, allarmando OMS e lasciando il mondo con il fiato sospeso.
Solo in Uganda, negli ultimi due mesi, 55 persone sono decedute a causa del temuto nemico invisibile ed è stata avanzata l’ipotesi di 22 decessi aggiuntivi prima che l’epidemia a livello locale fosse dichiarata il 20 settembre scorso, con annesse disposizioni al fine di limitare il contagio anche a scuola. Il ministro dell’Istruzione ugandese Janet Museveni ha reso noto pubblicamente che all’inizio di questo mese, a seguito di 23 casi in cinque scuole di Kampala, otto studenti sono deceduti. Dati simili si registrano nelle altre realtà africane citate, le quali hanno promulgato norme circa la chiusura anticipata delle scuole e divieti di visita dei genitori entro i prossimi 10 giorni.
Valutando la documentazione dell’ECDC europeo, istituzione atta al monitoraggio ed al controllo delle malattie su scala continentale, il nostro Paese è al momento tra i primi a confrontarsi con un innalzamento medio dei contagi e della relativa curva per via della stagione autunnale, caratterizzata dal riavvio delle attività produttive e scolastiche. In merito a queste ultime, l’abbandono delle mascherine e del distanziamento su vasta scala ha trasformato le scuole in luoghi relativamente sicuri; per i mezzi pubblici adibiti al trasporto scolastico le mascherine FFP2 non risultano più obbligatorie, nonostante gli esperti ritengano che tali luoghi siano vettori per la diffusione virale.
La media settimanale dei casi giornalieri in Italia oscilla tra i 28.000 (prima settimana di ottobre) e i 40.000 casi (scorsa settimana). In termini di casi totali il Belpaese si colloca terzo in classifica dopo Francia e Germania, mentre per la copertura vaccinale è quarto, dopo Malta, Portogallo e Spagna, con una percentuale di popolazione totale vaccinata dell’81,26%.
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