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Scuole fredde, docenti e Ata tenuti a lavorare? Cosa dice la normativa

Da tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio, detti i giorni della Merla, sono i giorni più freddi dell’anno, ma gli studenti italiani è da ben più di tre giorni che soffrono il freddo in aule che rasentano i 10 gradi.

Scuola Zoo ha denunciato la situazione, attraverso oltre cinquanta foto che ritraggono gli alunni infreddoliti fra coperte e termosifoni non funzionanti nelle classi.

Cosa dice la normativa

La Legge 23/1996 stabilisce alcuni parametri che devono essere rispettati dalle scuole, non ultimo quello della temperatura, stabilita per legge, che dovrebbe mantenersi intorno ai 20 gradi.

Ecco le regole stabilite per legge alle quali le scuole devono attenersi:

Mq lordi per classi compresi tra 166 e 307
Mq lordi totali per alunno tra 6,65 e 12,28
Altezza di 3 metri in aule ed uffici
Area minima per la costruzione di edifici scolastici: da 6.620 a 33.900 mq
1,96 mq netti per alunno in classe
Numero massimo di 25 alunni per classe

Temperatura 20°C + 2°C
Umidità 45-55%
Luminosità sui tavoli da disegno e sulle lavagne: 300 lux
Livello rumorosità massima continua: 35 dB

E non solo. Anche il Decreto legislativo n.81/2008 indica che la temperatura durante i mesi estivi deve essere compresa tra 24 e 27 °C , mentre per i mesi invernali la temperatura deve variare tra 18 e 22 °C . In tutte e due i casi la tolleranza ammessa è di 1 °C.

Anche il tasso di umidità relativa viene considerato dal testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, infatti, quest’ultima può attestarsi tra il 45 e il 70%.

La differenza tra la temperatura interna dell’ambiente di studio e quella esterna, non dovrebbe essere maggiore di 7°C.

Scuole fredde, docenti e Ata tenuti a lavorare? Cosa dice l’Aran

La Corte di Cassazione, ad aprile 2015, ha stabilito che nei confronti del datore di lavoro esiste un preciso obbligo di tutelare la salute psico-fisica dei prestatori di lavoro e di assicurare che i locali siano in condizioni tali da permettere agli stessi di adempiere le prestazioni contrattuali cui sono obbligati, non subendo nocumento alla propria salute.

I giudici della Suprema Corte hanno rilevato come esista un obbligo in capo al datore di lavoro di garantire la tutela della salute psico-fisica dei propri dipendenti e collaboratori che ha la sua fonte direttamente nella legge, in particolare nell’articolo 2087 del Codice Civile.

Nel caso in cui si prospetti la violazione di tale obbligo, che grava sul datore di lavoro, il lavoratore è legittimato a non eseguire la propria prestazione eccependo l’inadempimento e, al tempo stesso, mantiene il diritto alla retribuzione, in quanto al lavoratore non possono derivare conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore.

Dal sito dell’ARAN

Andrea Carlino

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