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Scuole in carcere, CESP: il 70% dei detenuti che non frequenta un percorso di istruzione torna a commettere reati

“Se non si riuscirà a fare in modo che chi esce dal carcere sia migliore di quando vi è entrato, sarà un fallimento per tutti”, spiega Anna Grazia Stammati, Presidente del CESP-Rete delle scuole ristrette. Dal 2012, questa Rete si impegna attivamente nella promozione dell’istruzione e della cultura all’interno delle carceri italiane, con l’obiettivo di creare un ambiente che rispetti pienamente i diritti delle persone private della libertà. L’istruzione riveste un ruolo cruciale nel rafforzare la dignità individuale, anche all’interno del carcere che non dovrebbe essere solo luogo di espiazione della pena, ma anche sede di “risocializzazione”. Questo principio è sancito dalla Costituzione, per la quale le pene devono “rieducare” il condannato. Abbiamo intervistato sul tema Anna Grazia Stammati, Presidente del CESP che svolge un importante ruolo nell’ambito dell’istruzione in carcere.

Può parlarci del lavoro svolto dal CESP – Rete delle scuole ristrette – nel contesto penitenziario italiano negli ultimi anni?

Il CESP (Centro Studi Scuola Pubblica) è un’associazione culturale nata nel 1999. Nel 2012, ho fondato la Rete delle scuole ristrette, che riunisce i docenti delle scuole in carcere, con l’obiettivo di fare dell’istruzione e della cultura gli elementi centrali dell’esecuzione penale, in rapporto con i Ministeri dell’Istruzione, della Giustizia e della Cultura.

Quanto sono importanti i percorsi di istruzione per il reinserimento sociale dei detenuti?

I percorsi d’istruzione instaurano una relazione quotidiana con gli studenti detenuti. La scuola insegna che solo attraverso uno studio e un impegno costanti si ottengono risultati significativi. I dati lo dimostrano: il 70% dei detenuti che non ha frequentato un percorso di istruzione torna a commettere reati, la percentuale scende al 30% per chi ha seguito un percorso educativo o lavorativo. 

Quali sono i principali benefici che l’istruzione in carcere porta ai detenuti e alla società nel suo complesso?

Secondo il Ministero della Giustizia il 21% dei detenuti è analfabeta o possiede solo la licenza elementare, mentre il 58% ha completato solo la scuola media. Quindi, quasi l’80% presenta un livello di istruzione limitato. Solo il 16% possiede un diploma di scuola superiore e il 2% una laurea. D’altra parte, la partecipazione ai corsi scolastici dovrebbe essere riconosciuta come un fattore determinante per ottenere benefici. Gli educatori inviano le sintesi dei detenuti alla magistratura di sorveglianza, che può concedere misure alternative o benefici. Tuttavia, questa pratica non viene sempre attuata, creando disincentivi.

Quali sono i livelli di istruzione che offrite ai detenuti?

La Rete delle scuole ristrette comprende i docenti di due livelli di istruzione. Il primo livello include i CPIA (Centri Provinciali Istruzione Adulti), che offrono percorsi di alfabetizzazione e un primo ciclo didattico che culmina con il conseguimento della licenza media. Il secondo livello corrisponde alla scuola secondaria di secondo grado, ed è articolato, in genere, in un ciclo di tre anni.

Quali sono i tassi di iscrizione e in quanti concludono il percorso di studi?

Secondo il Ministero della Giustizia, il primo livello conta circa 11.000 iscritti, il secondo circa 8.300. Il 37,6% degli studenti del primo livello ha superato con successo l’anno, mentre al secondo livello la percentuale sale al 61%: il tasso di promozione si attesta intorno al 47%, tenendo conto degli abbandoni, spesso causati da crisi personali o trasferimenti improvvisi.

Come affrontate la sfida del sovraffollamento carcerario e come influisce sulle attività educative?

Come CESP chiediamo che si facciano uscire i detenuti idonei alle misure alternative, cioè detenzione domiciliare e affidamento in prova ai servizi sociali: circa 9.000 detenuti potrebbero beneficiarne, avendo pene inferiori ai tre anni. Tuttavia, molti restano in carcere per mancanza di famiglie o centri disponibili per accoglierli. Stiamo lavorando per garantire percorsi adeguati e opportunità di lavoro a chi è vicino al fine pena.

Potresti condividere una tua esperienza personale o una testimonianza che mostri l’impatto trasformativo dell’istruzione e del lavoro del CESP?

Nel nostro docufilm Lo Cunto dei Ristretti”, abbiamo presentato testimonianze significative di detenuti ed ex detenuti sulle loro esperienze di trasformazione. Mattia, ora membro attivo dei nostri progetti, in quel film ha espresso questo illuminante pensiero: Se avessi avuto l’opportunità di accedere alla cultura e all’istruzione prima di entrare in carcere a 25 anni, la mia vita avrebbe preso una direzione completamente diversa”.

Quali sono stati i maggiori ostacoli nella diffusione dei percorsi scolastici in carcere?

La diffidenza dell’amministrazione penitenziaria e una mentalità per cui la detenzione è strumento di controllo, invece che opportunità per il recupero del detenuto. Persiste l’errata convinzione che chi ha commesso un reato debba essere confinato in una cella, impedendo una rieducazione efficace. È fondamentale una formazione adeguata a tutti coloro che operano in carcere, oltre a serie modifiche del sistema penitenziario.

Quali sono i prossimi passi e gli obiettivi futuri del CESP-Rete delle scuole ristrette?

Proseguiamo nella formazione degli insegnanti. Dopo il seminario di aggiornamento svolto a dicembre presso la Casa di reclusione di Alessandria, il 31 maggio saremo alla Casa di reclusione di Aversa e faremo un altro seminario a luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Portiamo avanti il progetto Biblioteche innovative in carcere”, avviato  a Rebibbia e ora esteso a Grosseto e Saluzzo. Abbiamo l’approvazione anche per il carcere di Livorno e Gorgona mentre il 31 maggio presenteremo il progetto ad Aversa, coinvolgendo i quattro istituti penitenziari della zona. Le biblioteche facilitano la riconnessione con la cultura e offrono opportunità di lavoro sia all’interno che all’esterno del carcere.

Questa è una versione rielaborata e ridotta dell’intervista ad Anna Grazia Stammati, effettuata dalla rivista Time4Child. La versione integrale si trova qui: https://www.time4child.com/scuole-in-carcere-listruzione-come-chiave-per-il-riscatto-sociale/

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