Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, sostenuto anche dal ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini, interviene sulla querelle relativa al provvedimento del governatore della Puglia Michele Emiliano che sospende la didattica in presenza in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Ricordiamo che la ministra Azzolina aveva espresso aperta contrarietà, come peraltro nel caso di iniziative analoghe in altre regioni che hanno disposto la didattica a distanza al 100% a causa della crisi epidemiologica (anche se nella maggior parte dei casi di Dad integrale si tratta di scuole di istruzione secondaria di II grado). Peraltro occorre ricordare che il Dpcm che dispone nelle scuole superiori un orario di almeno il 75% di didattica a distanza consente alle regioni decisioni più restrittive se ritenute necessarie per motivi di emergenza sanitaria.
Ora, quindi, semmai si potrebbe sollevare un dubbio, cioè se la Dad possa essere applicabile anche alle scuole del primo ciclo, ma in caso di condizioni epidemiologiche considerate gravi avallate dalle autorità sanitarie sicuramente ciò può essere contemplato. Fatto sta che comunque la ministra ha mostrato “insofferenza” anche nei casi di ordinanze restrittive che hanno riguardato solo la scuola superiore (e forse ha accettato soltanto “obtorto collo” lo stesso Dpcm che prevede una Dad nazionale almeno al 75%).
Questo atteggiamento alla lunga (perché una certa “insofferenza” a chi contrasta o è semplicemente critico verso le sue decisioni, o spesso esternazioni, la ministra l’ha dimostrata anche in passato in altri contesti) ha fatto scattare evidentemente una reazione da parte di alcuni esponenti della maggioranza e dello stesso governo. Così Orlando, che ha un “ruolo direttivo” nel Pd, è intervenuto affermando: “il Dpcm prevede che le regioni debbano assumere ulteriori misure necessarie, rispetto a quelle già previste, a contenere la pandemia con conseguenti responsabilità. I ministri che criticano l’esercizio di questi poteri evidentemente non hanno letto il Dpcm o non lo condividono”.
Parole chiare, che sono indirizzate in modo evidente (seppure non nominate esplicitamente) alla ministra Azzolina e alla ministra all’Agricoltura Bellanova, renziana di Italia Viva, che aveva detto che il provvedimento del governatore Emiliano andava impugnato. Un messaggio diretto quello di Orlando, condiviso anche dal ministro della Cultura Franceschini.
Nel frattempo, però, esponenti del Movimento 5 Stelle si affrettavano a supportare le critiche della Azzolina (un po’ scontato, mi sarei stupito che i 5S andassero contro il loro ministro!).
Ricordiamo che in Puglia la Dad viene estesa alla scuola del primo ciclo, escludendo soltanto la scuola dell’infanzia quindi. Ma Emiliano giustifica il suo intervento: “nelle scuole primarie abbiamo numeri pesantissimi, restano escluse dal provvedimento le scuole per l’infanzia, dove la frequenza non è obbligatoria”, aggiungendo che la decisione di chiudere la didattica in presenza pure nella scuola primaria e in quella secondaria di I grado “tiene conto anche dell’appello dei pediatri pugliesi”, e il governatore precisa che avevano sollecitato uno stop di due settimane.
Michele Emiliano evidenzia le ragioni che lo hanno spinto ad assumere questi provvedimenti restrittivi: “abbiamo verificato che l’aumento dei contagi è coinciso con la riapertura delle scuole. Sono state almeno 286 le scuole pugliesi toccate da casi Covid”, nonostante “in Puglia la scuola è iniziata il 24 settembre”, cioè dopo la maggior parte delle altre regioni.
Il presidente Emiliano precisa numeri allarmanti: “i dati ci dicono che sono almeno 417 gli studenti risultati positivi e 151 i casi positivi tra docenti e personale scolastico”. Queste le motivazioni per cui da venerdì 30 ottobre le attività in presenza “saranno possibili solo per i laboratori e per le esigenze di frequenza degli alunni con bisogni educativi speciali”.
E prosegue con un auspicio: “ci auguriamo che i dati epidemiologici consentano al più presto il ritorno alla didattica in presenza”.
L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, assessore alla sanità nelle regione Puglia, avalla quanto detto dal governatore pugliese: “dai dati rilevati dai dipartimenti di Prevenzione emerge un notevole incremento dell’andamento dei contagi correlati a studenti e personale scolastico degli istituti di ogni ordine e grado. Ciascun evento di positività attiva un ingente carico di lavoro sul servizio sanitario”. Lopalco sottolinea che “essendo i soggetti inseriti in una classe, uno studente positivo genera almeno una ventina di contatti stretti più quelli familiari. Se ad essere positivo è un docente che ha in carico più classi, questo numero si moltiplica ulteriormente”.
E forse partendo da tali considerazioni, Michele Emiliano (evidenziando anche ritardi negli interventi promessi) sostiene di continuare “a registrare in particolare posizioni tanto irresponsabili quanto scollegate da ogni valutazione epidemiologica in relazione al mondo della scuola”.
E anche in questo caso, seppure non nominata, qualche indizio porta a pensare che il riferimento possa essere la ministra Azzolina, che continua a dire che i casi di contagio a scuola sono limitatissimi (con dati che però qualcuno contesta anche sul piano percentualistico) e che la scuola è il luogo più sicuro per i ragazzi, ma diversi virologi ed altri esperti non sono propriamente d’accordo: Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale “Sacco” di Milano, non sembra essere convinto della mancanza di pericoli nel lasciare aperti gli istituti scolastici (come riportato in un altro articolo ), affermando che “si è voluto in tutti i modi dire che le scuole non c’entrano con l’aumento dei contagi. Però questo non sta in piedi. Le scuole c’entrano. Poi, certo, c’entra anche il fatto che i ragazzi si ritrovano prima e dopo la scuola, sul trasporto pubblico e nella socialità extrascolastica. La coincidenza temporale c’è con tutto quanto“, come leggiamo in un precedente articolo pubblicato sempre su questo sito.
Chi invece ha fatto un riferimento diretto alla Azzolina è stata qualche giorno fa l’immunologa Antonella Viola, che le ha contestato il fatto di non sapere distinguere i test sierologici con quelli molecolari e antigenici diagnostici (il tampone).
Insomma, si facciano i tamponi a scuola (dove il Ministero ha invece ritenuto non necessari neppure i termoscanner, seppure certamente non risolutivi almeno però potevano servire per approfondire in caso di temperatura corporea superiore ai 37,5 gradi) e si potrà scoprire se ci sono pochissimi o diversi o tanti ragazzi magari asintomatici che poi tornando a casa purtroppo potrebbero contagiare altre persone (si è detto che il contagio avviene frequentemente tra le pareti domestiche, ma evidentemente qualcuno a casa arriva già con il virus, non è che si annida nel frigo o nella dispensa!). E’ chiaro che un grande pericolo è rappresentato dai mezzi pubblici (e la scarsa attenzione dimostrata nel risolvere il problema dei trasporti pubblici è un fatto che andrà ben valutato nelle sedi più opportune), dove forse diversi possono rischiare il contagio: ma a quel punto (altro discorso è capire dove si annidano più rischi, per prevenire) quale differenza fa sul piano pratico se è già avvenuto? Se a scuola, sui bus, nella “movida”? I ragazzi contagiati vanno poi comunque a scuola e proprio per questo il Dpcm prevede, almeno per gli studenti più grandi, la Dad anche al fine di evitare gli spostamenti magari sui mezzi di trasporto e i contatti.
E quello che evidentemente ha disturbato esponenti della coalizione di governo è proprio il fatto che la ministra non considera la “logica” che sovrintende al Dpcm: restrizioni anche per evitare il rischio dei mezzi di trasporto affollati (ma bisognerebbe valutare questo dato anche quando si costringono in alcuni casi docenti in Dad al 100%, quindi senza alunni in aula, a recarsi a scuola, dove non li attende nessuno‼, e tantissimi insegnanti vanno a lavorare con mezzi pubblici) e in generale una più rigida prudenza sanitaria, visti i dati terribili dell’emergenza.
Tra l’altro Lucia Azzolina continua a ripetere una cosa abbastanza paradossale, cioè che non andando a scuola “i ragazzi escono, anzi usciranno di più e rischieranno di contagiarsi”. Ma questo avverrebbe se ci fosse un “rompete le righe”, invece Azzolina omette di dire che si tratta di didattica a distanza, cioè gli studenti non saranno a “bighellonare” (e se volessero farlo lo farebbero comunque anche se la scuola fosse aperta!) ma a casa a fare lezione in Dad negli orari previsti. Quella stessa Dad che il ministro peraltro ha imposto in primavera, quando la situazione sanitaria in tutto il Sud era molto meno pericolosa di adesso, e questo discorso potrebbe valere anche per il “lockdown” imposto allora dal governo, quando al Sud forse bastava evitare i flussi non controllati e non scaglionati dei rientri.
E’ chiaro che la didattica a distanza deve essere una soluzione solo emergenziale che non può sostituire la didattica in aula, però in questa situazione epidemiologica facendo la Dad a casa i ragazzi delle superiori potranno evitare di prendere mezzi pubblici per andare a scuola e di stazionare nelle vicinanze degli istituti scolastici (magari senza mascherina), soprattutto prima dell’ingresso (e gli studenti pendolari aspettare talvolta molto tempo, prima dell’inizio delle lezioni, in quanto hanno a disposizione un solo bus mattutino e quindi se ad esempio si differenziano gli orari di ingresso devono sostare per oltre un’ora fuori!).
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