Dopo un’attenta e partecipata lettura dello Schema di decreto legislativo recante disciplina della scuola italiana all’estero (atto del Governo n. 383), noi docenti in servizio presso le istituzioni scolastiche italiane all’estero di Addis Abeba–Asmara–Atene–Barcellona–Istanbul–Madrid–Parigi–Ferney Voltaire-Nizza-Lione-Saint Germain En Laye mostriamo il nostro disappunto e la nostra preoccupazione per il contenuto dello stesso, la cui eventuale entrata in vigore avrebbe l’effetto di minare la nostra professionalità e di rendere meno efficace l’azione educativa nelle scuole all’estero, ledendo di fatto il diritto allo studio sancito dalla Costituzione italiana. Riteniamo inoltre che una riforma delle scuole italiane all’estero non debba esser spinta da esigenze di mero risparmio, ma da una visione di insieme che valorizzi la nostra azione di docenti nel delicato compito di istruzione e diffusione della lingua e della cultura italiana, cosa che di fatto non riusciamo a intravedere nel suddetto decreto.
Per questi motivi, sosteniamo l’analisi dello schema di decreto recentemente elaborata dai colleghi di Asmara e di Parigi, ma al contempo proponiamo una lettura ancor più centrata sulle ricadute didattiche del provvedimento segnalando gli elementi di criticità presenti negli articoli di seguito elencati:
Orario di lavoro
– art. 22, comma 1: «nelle scuole amministrate dallo Stato gli insegnamenti obbligatori che non costituiscono cattedra o posto di insegnamento sono ripartiti fra i docenti già in servizio con abilitazione specifica od affine o con titolo di studio valido per l’insegnamento della disciplina, anche in considerazione del percorso formativo e dell’acquisizione di competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire».
L’esperienza di questi ultimi anni insegna che, complici i continui tagli del personale, i pochi docenti in servizio nelle scuole italiane all’estero si ritrovano a svolgere sistematicamente un numero di ore settimanale di lezione fino al massimo consentito dall’art. 107 dell’attuale CCNL.
Si è domandato l’estensore del decreto di quali energie dispone – poniamo – alle tre del pomeriggio un docente alla quinta o alla sesta ora di lezione di seguito? Si è domandato chi copre le stesse 5 o 6 ore giornaliere di un docente in malattia? Un docente anch’esso impegnato 5 o 6 ore e magari di un’altra materia con il risultato che le lezioni della materia persa non verranno mai recuperate dagli studenti!
L’art. 22, comma 2 conferma e aggrava tale situazione! Infatti:
1) non esplicita chiaramente il limite orario settimanale;
2) prevede, e quindi obbliga, il docente a impartire insegnamenti per cui è in possesso sic et simpliciter di una non meglio precisata abilitazione «affine» o di vaghe «competenze professionali», a tutto detrimento della qualità complessiva dell’insegnamento oltre che di qualsiasi logica di continuità didattica.
Docenti a contratto locale
– art. 30, comma 2: «Nelle scuole all’estero amministrate dallo Stato un numero limitato di insegnamenti obbligatori nell’ordinamento italiano può essere affidato a personale italiano o straniero, residente nel paese ospitante da almeno un anno […] Con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale […] sono stabiliti […] gli insegnamenti ai quali in ciascuna scuola si applicano le disposizioni del presente comma, nonché i criteri e le procedure di selezione e di assunzione del personale interessato».
Tale disposizione fa venir meno la specificità del personale italiano e rischia di snaturare l’essenza del sistema scolastico italiano. Infatti:
1) i criteri e le procedure di selezione e di assunzione del personale interessato sono fumosi e sembrano porre sullo stesso piano il personale italiano formatosi in Italia, e quello straniero;
2) stabilisce come condizione necessaria la residenza nel paese ospitante da almeno un anno, in aperta contraddizione con la ratio richiamata dalla Relazione illustrativa (pp. 2-3), laddove si legge che la prevista diminuzione a 6 anni del servizio all’estero per il personale di ruolo è dettata dal proposito di assicurare «un’adeguata continuità didattica evitando nel contempo un eccessivo distacco dalla realtà italiana: il personale inviato dall’Italia deve restare espressione del nostro Paese»;
3) attribuisce al MAECI la facoltà di individuare unilateralmente gli insegnamenti sottoposti all’articolo, scavalcando la prerogativa dell’organizzazione della didattica propria dei Collegi dei docenti.
Selezione del personale
– art. 18, comma 2d: «il bando disciplina […] le modalità di svolgimento, eventualmente anche telematiche e comunque al di fuori dell’orario delle lezioni, di un colloquio obbligatorio comprensivo dell’accertamento linguistico»; art. 18, comma 4: «Gli elenchi del personale selezionato sono formati ogni sei anni e sono pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca».
Entrambi i commi rendono poco trasparenti le procedure di selezione, suscettibili di chiamate dirette del personale da destinare all’estero, così come avviene attualmente con i dirigenti scolastici. Infatti:
1) viene introdotta l’eventualità di un colloquio vagamente definito «telematico», la cui funzione non è affatto chiara, ma presumibilmente alternativa al dichiarato accertamento linguistico e alla preparazione del candidato, dal momento che i commi 2b e 2c già prevedono la presenza rispettivamente di livelli di certificazione linguistica richiesta e di titoli valutabili;
2) le attuali graduatorie sono sostituite con improbabili elenchi da cui attingere discrezionalmente i nominativi del personale da destinare all’estero.
Durata del mandato
– art. 20, comma 1: «La permanenza all’estero non può essere superiore, nell’arco dell’intera carriera, a sei anni scolastici consecutivi, incluso quello in cui ha luogo l’effettiva assunzione in servizio all’estero».
La diminuzione e la non ripetibilità del mandato valorizza poco la specifica professionalità dei docenti maturata in ambito estero e nei singoli contesti di destinazione, che viceversa richiede com’è ovvio un certo tempo e che dovrebbe essere tesorizzata con la possibilità della ripetizione del mandato.
Alla luce di tutto ciò, invitiamo pertanto le Commissioni parlamentari che stanno esaminando il decreto a tenere conto delle osservazioni di chi all’estero nel mondo della scuola ci lavora da anni, attuando quel coinvolgimento delle parti che il ministro dell’Istruzione ha auspicato nell’atto di presentazione dello stesso al Consiglio dei Ministri, prima della sua definitiva approvazione.