Ringrazio il preside-ds emerito prof. Giuseppe Richiedei dell’attenzione e delle sue precisazioni sul costo standard, relative alla mia nota precedente sui “40 sassolini”.
Il prof. Richiedei puntualizza con riferimento solo ad alcuni (circa 20) dei 40 sassolini, da me individuati e contestati; i rimanenti 20 o più sassolini verranno forse affrontati successivamente.
L’articolo di Richiedei è composto da otto paragrafi che qui di seguito vengono contro-commentati uno per uno. Per comodità di chi legge, riportiamo dapprima il testo completo di “La scuola e il costo standard, alcune precisazioni”.
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L’ARTICOLO E I SUOI GLI OTTO PARAGRAFI DA COMMENTARE
La scuola e il costo standard, alcune precisazioni
di Giuseppe Richiedei – 15/02/2019
In riferimento ai commenti da Vincenzo Pascuzzi, pubblicati su Tecnica della Scuola in ordine alle dichiarazione di Suor Anna Monia, osservo che:
Vi si afferma che “l’obbligo scolastico vale per tutti ricchi e poveri” ma non è rispondente alla realtà. Infatti, in Italia i “ricchi!” possono non frequentare la scuola, basta che si presentino agli esami finali. I poveri invece, non potendo scegliere altra scuola o l’istruzione parentale, sono obbligati a frequentare la scuola gratuita di Stato. Tant’è che la Costituzione, definisce “obbligatoria l’istruzione, non la frequenza scolastica (articolo 34).
Si limita il significato dell’appellativo di “pubblico” riferendolo solo al gestore degli uffici, mentre il concetto si è evoluto in questi decenni e si riferisce anche ad “attività di interesse generale (art 118 della Costituzione), Tant’è che nei vocabolari il termine “pubblico” viene attribuito ai “ servizi aperto a tutti, di comune utilità” come sono e devono essere le scuole pubbliche paritarie (legge 62 – 2000).
Non si motiva il perché contesti l’analogia tra “diritto alla salute fisica e diritto all’istruzione della persona, inteso come benessere intellettuale – formativo”. Se “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e non obbliga nessuno a un determinato trattamento sanitario” (art 32 della Costituzione), per quale motivo la Repubblica nel tutelare “il diritto della persona all’istruzione, riconosciuto esplicitamente dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (art 14), dovrebbe costringere il cittadino al servizio scolastico statale, ricorrendo al ricatto della gratuità e alla sanzione della retta aggiuntiva a chi opta per un servizio scolastico diverso?
Vi si contesta l’analogia del diritto all’istruzione con il diritto alla salute poi nel testo si mette sullo stesso piano il diritto all’istruzione con la scelta della vacanza o dell’autovettura!
La libertà di scelta della scuola è riconosciuta in tutti i Parsi democratici avanzati in quanto è tra “i diritti inviolabili della persona” e la Repubblica dovrebbe garantirla a tutti, “rimuovendo gli ostacoli economici che ostacolano e limitano di fatto tale libertà (art 3 della Costituzione).
La titolare, destinataria dell’investimento pubblico in favore dell’istruzione, come della salute, è la persona (o il genitore fino a che il figlio è minorenne) e non l’istituto scolastico né l’ospedale privato o statale che sia. Ospedali e scuole sono strutture strumentali al fine del servizio alla persona. Il “senza oneri per lo Stato” stabilito dalla Costituzione riguarda le scuole non le persone e le famiglie.
In Italia si consuma da sempre una palese ingiustizia e discriminazione nei riguardi dei poveri, impediti nell’esercizio della libertà di scelta educativa. Disattendendo che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento (art 33 della Costituzione), iniziando, però, dalla famiglia fino alla scuola e alla società. “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli” (art 30 della Costituzione).
Curiosa l’interpretazione che si dà della legge 62 – 2000, ridotta a “semplice giustapposizione o insieme di istituti!” quando, invece, vi riconosce per la prima volta che “ Il sistema nazionale di istruzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”. Forse che occorreva una legge per elencare gli istituti esistenti?
In sintesi mi pare che le numerose obiezioni e puntualizzazioni del signor Vincenzo, traggano origine da impostazioni giuridiche superate da decenni nelle democrazie avanzate, dove la scuola non è più intesa come “apparato ideologico di Stato” ma come “comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica” (art 3 del D.Lgs. 297 – 1994). “L’autonomia didattica delle scuole è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere” (art 21 legge 59 – 1997 comma 9).
Giuseppe Richiedei
https://www.
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I COMMENTI PARAGRAFO PER PARAGRAFO
Scuole paritarie, oltre i 40 sassolini anche qualche macigno
di Vincenzo Pascuzzi – 24 febbraio 2019
Gli otto paragrafi dell’articolo di Giuseppe Richiedei vengono commentati qui di seguito uno alla volta.
Scrive G.R. “Vi si afferma che ….”
“obbligo scolastico” e “istruzione obbligatoria” sono usati come sinonimi anche dal Miur e la quantificazione viene espressa in anni (8 + altri 2), non in contenuti proposti e appresi; accanto all’obbligo, c’e poi che “L’istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita” (art. 34, Cost.), e la gratuità implica la fornitura del servizio da parte dello Stato, non c’è nessuna indicazione per la corresponsione di un voucher o buono scuola alternativo e equivalente ai costi pro quota. Il che è anche logico, normale, doveroso perché l’istruzione viene fornita a classi, non a singoli, e deve essere conforme a programmi scolastici o indicazioni simili, più facili e immediati da controllare, se è lo Stato stesso a farlo. Se i “ricchi” vogliono e possono altrimenti, buon per loro. Questo sembra il modo normale e attuale di porre la situazione, e non quello di partire da un dilemma che riguarda solo una minoranza.
G.R. “Si limita il significato …. “
Parlando in generale, il contenuto del paragrafo è corretto e condivisibile. Nel caso specifico della Scuola, invece no. Nell’uso corrente e generalizzato, per scuola pubblica si intende scuola statale o comunale senza retta di frequenza (gratuita appunto), con a carico delle famiglie tasse scolastiche, libri, materiale scolastico (anche questi costi sono impropri e non dovrebbero esistere). Le scuole private, anche se sono paritarie, rimangono private. Esistono le scuole paritarie pubbliche e sono quelle dei Comuni e degli Enti locali.
L’uso recente e ostinato dell’aggettivo pubblico riferito alle scuole private paritarie è una cattiva abitudine introdotta – più ad arte che per distrazione o leggerezza – da alcuni appartenenti al “gruppo di pressione pro-paritarie”; quasi che l’etichetta pubblico potesse implicare e postulare diritti a finanziamenti statali come per le scuole davvero pubbliche.
Occasionalmente anche i ministri Giannini e Fedeli sono cadute in errore ed hanno indicato come pubbliche le scuole paritarie; ma, anche ai sensi della l. 62/2000, la dizione corretta è “scuola private paritarie che forniscono un servizio pubblico” e possono essere sia confessionali, sia laiche.
G.R. “Non si motiva il perché ….”
Non bisogna invertire l’onere della prova, che spetta a chi propone il paragone, o la somiglianza, o l’analogia per giustificare anche le conclusioni che ne vuole trarre.
Comunque ci sono somiglianze tra settore Salute e settore Scuola, ma non fino al punto di giustificare l’introduzione quasi automatica del costo standard nella Scuola perché c’è nella Sanità, e dando per scontato e pacifico che qui funzioni bene.
Poi per la Sanità non vale il “senza oneri per lo Stato” ed è un settore di competenza regionale, mentre la Scuola è ancora di competenza nazionale; è pur vero che le paritarie confidano nella Regionalizzazione ….
La Sanità riguarda essenzialmente il corpo, che è concreto, oggettivo, misurabile e diagnosticabile con strumenti fisici che danno risultati oggettivi (prima, durante e dopo le terapie); analisi ed accertamenti diagnostici non possono essere copiati, né ha senso suggerire; il paziente in cura o in diagnosi è essenzialmente passivo, quasi un oggetto e viene trattato singolarmente e non in gruppo; la Salute non ha scadenze quadrimestrali con scrutini e pagelle, le cartelle cliniche sono altra cosa; le cure mediche iniziano se e quando si verifica un fatto morboso e hanno durate temporali diverse caso per caso; la Salute copre l’intero arco della vita, e così continuando…. Inoltre e salvo eccezioni, non esistono terapie confessionali riferibili a religioni.
Invece la Scuola riguarda apprendimenti, che sono qualità e non sono misurabili oggettivamente (non confondiamo prove standardizzate con prove oggettive, che non esistono); al posto dei pazienti abbiamo gli studenti, però le lezioni (analoghe alle terapie) avvengono normalmente a gruppi (le classi) e gli studenti devono partecipare, non possono restare passivi.
Riassumendo, l’analogia è solo parziale e probabilmente viene proposta perché interessa e fa comodo la modalità costo standard.
G.R. “Vi si contesta l’analogia ….”
No, almeno nelle intenzioni, non “si mette sullo stesso piano il diritto all’istruzione con la scelta della vacanza o dell’autovettura!”, l’osservazione intende(va) esprimere che il non-ricco risulta svantaggiato anche per altri aspetti (appunto: l’abitazione, l’autovettura, la vacanza) che indirettamente si ripercuotono sugli apprendimenti; aspetti non evitabili. E comunque un errore non si compensa con un altro errore.
G.R. “La libertà di scelta ….”
La libertà di scelta della scuola è attualmente possibile ma non con spese a carico dello Stato. Negli altri Paesi UE o Ocse i contributi statali sono in genere solo parziali. Ne troviamo conferma nella recente intervista di Marco Lepore Rodrigo Queiroz e Melo, presidente dell’associazione europea che si batte per la libertà di educazione (Ecnais). (Incidentalmente, il titolo che tempi.it dà all’intervista è improprio e tendenzioso, non coerente con le risposte date da Queiroz e Melo).
Rimuovere gli ostacoli. Per i capaci e meritevoli va data attuazione all’art 34, Cost. che prevede appunto “borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Bene riferirsi, confrontarsi, ispirarsi a quello che fanno i Paesi UE e Ocse, ma ha poco senso e fattibilità istigare a copiarli perché le differenze sono anche frutto di scelte storiche accumulate nel tempo, di sensibilità, orientamenti, concordie nazionali. Il settore Scuola richiede tempi lunghi per le modifiche: la Finlandia impiegò decenni per ricostruire il proprio sistema scolastico; e anche da noi occorrerà forse una generazione per recuperare la Scuola a partire dal momento – ancora non imminente! – in cui si sarà concordanza nazionale per interrompere e invertire la corsa al peggio (in cui tagli e amputazioni continuano ad essere camuffati da razionalizzazioni e in cui ogni nuovo ministro aspira e pretende di lasciare la sua impronta storica con riformicchie epocali).
Ancora due aspetti del confronto con gli altri Paesi virtuosi: il primo è il riferimento alla percentuale di Pil nazionale da investire in istruzione, e qui noi siamo stabilmente in coda alle classifiche; il secondo è costituito dall’essere l’unico paese a farsi totale carico dei costi dell’IRC, malgrado la “pari dignità sociale …. senza distinzione ….” proclamata in Costituzione.
G.R. “La titolare, destinataria ….”
Nella Scuola non esiste, non risulta una titolarietà individuale a pretendere finanziamenti statali: lo Stato stabilisce e organizza il servizio pubblico scolastico (e l’obbligo scolastico o all’istruzione) e lo fa per tutti; è un servizio collettivo giustificato da obiettivi nazionali, senza profitti privati, con i vantaggi dell’economia di scala (all’ingrosso). Se poi a livello privato o privatistico si organizzano servizi alternativi più graditi e magari migliori o più economici (ma sarà davvero così?) e c’è chi li sceglie liberamente, non costretto, potendo, buon per lui. Ma risulta fuori luogo e contraddittoria la richiesta di rimborso della corrispondente frazione di costo a lui spettante (?!). Può essere utile rileggere la nota “Tre obiezioni di metodo al costo standard”(Andrea Gavosto, FGA, 2004), in particolare dove parla di “costo marginale o incrementale di lungo periodo”. Ed è forse per questo che nessuno Fidae ha accolto l’invito al dibattito suggerito da tuttoscuola.com ….
È un’interpretazione soggettiva affermare che “senza oneri per lo Stato” riguarda non le persone ma le scuole. È trasparente, è solare che l’ipotesi costo standard si concretizzerebbe in una triangolazione o escamotage (v. ancora Andrea Gavosto). Del resto sono proprio le scuole interessate a proporre, sostenere e propugnare l’ipotesi costo standard; pochissimi genitori (o forse nessuno?) fanno parte del “gruppo di pressione pro-paritarie” (gruppo non formalizzato) e il rappresentante Agesc venne addirittura “dimenticato” nell’O.M. 917/22.11.2017 (Fedeli/Berlinguer) e inserito solo dopo lettera di protesta del presidente Roberto Gontero!
G.R. “In Italia si consuma ….”
Lo Stato è più che inadempiente, è latente (e autolesionista) nei confronti della povertà assoluta che è arrivata a toccare oltre 5 milioni di connazionali; “passando da 4.700.000 del 2016 a 5.058.000 del 2017”)! e “in povertà assoluta i minorenni sono 1.208.000”, inoltre “L’istruzione continua ad essere tra i fattori che più influiscono sulla condizione di povertà”. L’eventuale costo standard non sanerebbe di certo l’inadempienza statale e nazionale, se non in termini propagandistici.
G.R. “Curiosa l’interpretazione ….”
Anche qui va sgombrato il vizietto di indicare il “sistema pubblico dell’istruzione” al posto del “sistema nazionale di istruzione” e bisogna chiarire il significato di “sistema” che non è indicato nella l. 62/2000 né altrove . I fatti, le omissioni, le richieste finora inevase delle paritarie confermano.
G.R. “In sintesi mi pare che ….”
Considerazioni soggettive con le quali un interlocutore cerca di porsi al disopra della disputa o del confronto, quasi come giudice assoluto fra se stesso e l’altro partecipante, dando ovviamente ragione alle proprie tesi.
Lasciamo invece ai lettori (quattro, dieci, o chissà?) il giudizio e magari lo stimolo a partecipare o commentare i vari contributi.
Dopo le contro-repliche sui sassolini, veniamo a qualche macigno ….
È opportuno richiamare e indicare alcune questioni che fanno come da cornice alle richieste delle scuole paritarie e all’ipotesi costo standard; sono questioni importanti, quasi dei macigni in confronto ai pur importati sassolini; questioni sulle quali però il “gruppo di pressione pro-paritarie” sembra glissare, sorvolare veloce di proposito e volentieri e che qui vengono solo accennate sotto forma di domande a cui bisognerà pur rispondere e prendere posizione.
Primo macigno-domanda. Riguarda il Gruppo di lavoro istituito dall’ex ministro Valeria Fedeli e affidato alla presidenza di Luigi Berlinguer, Gruppo che venne accolto dalle paritarie come “Un passaggio storico, un punto di non ritorno” e suscitò l’entusiasmo dal Presidente CEI, card. Gualtiero Bassetti; Gruppo (indicato anche come tavolo o commissione) però mai riunitosi nel 2018 e di cui si sono perse le tracce, tanto che qualcuno lo ritiene soppresso dal nuovo ministro Bussetti. Miur farebbe bene a chiarire sulla soppressione o meno, ma di fatto il Gruppo non esiste più. Perciò le domande da porsi sono: questo gruppo è stato o no soppresso? ma era fittizio e inutile già dall’inizio o lo è diventato in seguito? e chi svolgerà i compiti che gli furono assegnati perché ritenuti essenziali? oppure questi non interessano più al Miur?
Secondo macigno-domanda. Adesso la situazione di latitanza del Gruppo rappresenta un ostacolo grave per il costo standard perché il Gruppo di lavoro doveva analizzare e valutare gli aspetti tecnici, operativi del costo standard, la fattibilità, il rapporto costi-benefici, fare una specie di verifica teorica o collaudo sulla carta. E senza queste risposte, ha ancora senso richiedere nuovamente il costo standard? Il Gruppo latitante non costituisce ulteriore ostacolo al Costo standard?
Terzo macigno-domanda. Riguarda il risparmio prospettato per il bilancio statale. All’inizio il Costo standard promise un risparmio di “17 miliardi (diciassette)”, cifra incredibile, stratosferica, pari 1/3 del bilancio Miur e al doppio dei tagli di Gelmini nel 2008. Successivamente questa cifra venne quasi tenuta nascosta, messa in ombra (pudore? vergogna? o …?), poi ricomparve ma con altri valori (2, 3 mld o anche 7 mld, fino a un solo mln). Di recente (ottobre 2018) è stato riesumato il valore stratosferico (e impossibile) dei 17 mld di euro nella “Lettera ai politici sulla libertà di scuola” di Dario Antiseri e Anna Monia Alfieri; mentre proprio oggi (24 febbraio) Marco Lepore ha indicato nuovamente 7 mld di euro.
Altro aspetto tenuto semi-nascosto o sottaciuto è la decorrenza dell’ipotetico risparmio che sicuramente non sarebbe immediata ma avverrebbe “nella successiva fase di riorganizzazione dell’offerta”mentre “il costo complessivo a carico della fiscalità in prima battuta aumenterebbe”perché “Il passaggio secco è difficilmente attuabile. E Suor Anna Monia ne è perfettamente consapevole”, come avverte Luigi Corbella.
Le domande relative sono: il Costo standard produrrà davvero un risparmio? e di quale entità? la cifre indicate sono credibili e fondate, oppure sono stime approssimate? ci sarà una fase iniziale di maggior spesa per lo Stato? e di quale durata e consistenza? e se poi – dopo aver messo sotto-sopra le scuole statali con le nuove modalità – si scoprisse che previsioni e conti sono sbagliati?
Quarto macigno-domanda. Riguarda la concorrenza virtuosa o la competizione fra scuola statale e paritaria atta a migliorare di per sé la qualità dell’insegnamento (sic!) senza indicare come e perché né in termini qualitativi, tanto meno quantitativi! Questa è una prospettiva rosea indicata ripetutamente e da ultimo da Padre Eraldo Cacchione su TS. Si dimentica però l’asimmetria della sfida o della gara, perché le paritarie rispetto alle statali sono circa nel rapporto 1 a 7 (o 12% a 88%), quindi mediamente 6 statali su 7 non avrebbero termine di confronto privato! Si dimentica che “La Repubblica …. istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” mentre le paritarie non sono tenute a questo adempimento, cioè possono scegliere se, dove e quali scuole istituire.
Qui la domanda è: la prospettiva della concorrenza virtuosa esiste davvero? è valutabile o è aleatoria e usata come esca invitante? ovvero qualcosa di simile all’incertissimo risparmio per le finanze statali?
Vincenzo Pascuzzi
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